Uscire 3. Il desiderio di vita
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La cura omeopatica, si sa, è efficace, però è lenta ed il risultato, affrettato dall’ansia dell’avanzare del tempo, è solo parziale: nasce Ismaele, figlio di Abram ma non di Sarai (Gen 16). Il Signore allora decide nuovamente di farsi presente, con un intervento risolutivo. Il segno della circoncisione (Gen 17), che suggella l’alleanza nella carne, è il segno di una mancanza che diventa apertura alla vita: accettare la propria ferita apre alla relazione. L’operazione chirurgica richiesta ad Abram e ai maschi di casa è un’operazione che tocca l’intimità della potenza generatrice e ha un corrispettivo simbolico, ma non meno efficace, nella vita della coppia. La chirurgia divina, infatti, ridefinisce le relazioni mediante la parola: Abram, che significa «padre esaltato» (ab-ram, tale era la comprensione che Terach aveva di sé) sarà Abraham (Gen 17,4-5): un nome circonciso, che nella ferita lascia spazio ad una moltitudine (hāmôn), simboleggiata dalla lettera he inserita nel nome. Anche Sarai questa volta viene sottoposta a terapia, per essere partner all’altezza del nuovo compito, valido aiuto (cf. Gen 2,18) per Abramo. Il suo nome perderà uno yod finale, segno del possessivo di prima persona singolare in ebraico, che la rinchiudeva sterilmente nella sfera di possesso del marito, secondo il modello relazionale impostato da Terach. Non sarà più Sarai, «la mia principessa», ma Sara, partner feconda e madre di nazioni e di popoli (Gen 17,15-16).
(da L. Invernizzi, «Esci e cammina! Appunti di viaggio per esseri di nascita», Servitium III 2013(2014) 17-24, 19-20)
Traccia per la preghiera personale
Leggi lentamente il brano del vangelo entra nel desiderio di Abramo e nel desiderio di questa donna, permetti al Signore di entrarci con te.
Or una donna, che da dodici anni era affetta da emorragia e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla, alle sue spalle, e gli toccò il mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita». E subito le si fermò il flusso di sangue, e sentì nel suo corpo che era stata guarita da quel male.
Ma subito Gesù, avvertita la potenza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi mi ha toccato il mantello?». I discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che ti si stringe attorno e dici: Chi mi ha toccato?».Egli intanto guardava intorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Gesù rispose: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male» (Mc 5,25-34).
Domande per te
- Alzare gli occhi per guardare le stelle... allungarsi per riuscire a toccare il lembo di un mantello…quale movimento di uscita ti è richiesto oggi?
- Permetti al Signore di arrivare fino all’intimità di te? quanto ti determina la tua relazione con Lui?
- Ascolta quale promessa si nasconde nella tua ferita…
Preghiera
“Esci fuori, alza gli occhi, alza lo sguardo”
In questo movimento che mi domandi, Signore,
già oggi mi doni “salvezza”
sei venuto a prendermi nell’abisso del mio sconforto,
nella tristezza dei miei insuccessi e
sei venuto a prendermi:
ti sei chinato, abbassato
per chiedermi di seguirti nel tuo movimento di risalita
per chiedermi di risorgere dalle mie piccolezze
esci fuori, alza gli occhi
continua a sperare
Se non basta la forza di una Parola
lasci che un tocco
ci faccia uomini e donne nuove,
uomini e donne capaci di generare,
uomini e donne che si riconoscono feriti
e da questa ferita salvati
perché
«C’è una crepa in ogni cosa, è da lì che entra la luce»,
c’è una ferita in ogni persona è da lì che nasce una nuova umanità.
a cura di Roberta Casoli
I testi possono essere liberamente usati purché vengano citate le fonti.
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