DONNE DI SPERANZA/7: Susanna, fedeltà nel quotidiano

Sembra molto poco, ma a me questo “poco” ha fatto pensare diverse cose.
Anzitutto se Luca la cita per nome è perché i suoi interlocutori dovevano conoscerla, forse viveva in quella comunità cristiana. Che persona sarà stata? Impossibile stabilirlo. Certamente per chi ascoltava il Vangelo secondo Luca poteva essere la vicina di casa, una che faceva la vita normale di tutti, una che incontravano nel giorno del Signore quando si riunivano per “spezzare il pane” in memoria del Maestro, poteva essere particolarmente affabile, o avere un carattere spigoloso… Al di là di queste e altre possibilità tutte plausibili, io credo che lei dovesse comunque essere una donna di Speranza, che in qualche modo, incontrarla significasse intuire una possibilità di gioia e di serenità nelle diverse circostanze, anche difficili la cui fonte era dentro, profonda.
Ne sono convinta per la seconda caratterizzazione che ne dà Luca: apparteneva a quel gruppo abbastanza folto di donne che il Maestro lo avevano conosciuto bene, lo avevano seguito fin dalla Galilea, non si erano perse un colpo della sua vicenda terrena, l’avevano condivisa e alla fine erano state le prime testimoni della sua Resurrezione - proprio il profilo dell’apostolo, come ci ricorda l’elezione Mattia nel libro degli Atti (1, 15-26). Ecco, Susanna era una di loro, una delle donne della Resurrezione.
DONNE DI SPERANZA/6: La vedova povera che dona il nulla che è tutto

Mi colpisce sempre questa figura di donna: non ha nulla che possa richiamare l’attenzione: è vedova, è povera, ma soprattutto… è donna... Eppure c’è Qualcuno che riesce a vedere in lei quello che nessuno vede, Qualcuno che coglie una grande ricchezza là dove tutti vedono solo miseria e povertà, Qualcuno che con uno sguardo di compassione e tenerezza sa penetrare l’apparenza fino ad accarezzare il cuore… Un cuore povero di cose, ma straordinariamente ricco di amore, di generosità che spinge a non tenere nulla per sé, ma a “donare tutto”. Chissà se nella mente e nel cuore di questa donna sia risuonata la promessa di Gesù: “ Il Padre tuo che vede nel segreto ti ricompenserà”… E Chissà se nel momento della Sua passione, il “donare tutto” di questa povera vedova, sia stato per Gesù motivo di consolazione e di incoraggiamento.
AUSILIARIE DIOCESANE - PASSIONE PER GESU' E PER IL POPOLO

Poche righe sotto aggiunge che le suore stanno venendo meno e che tra breve il fenomeno sarebbe stato evidente, grave ed insolubile: uno sguardo decisamente profondo per cogliere i segni della crisi in un momento in cui anche in parrocchiette come quella da cui vengo – poco più di 600 abitanti negli anni ’80 – c’era una comunità di tre suore.
Per lui il rischio era chiaro: sarebbe venuta meno la presenza delle donne consacrate nelle parrocchie, nei luoghi dove quotidianamente e nel modo più feriale si realizza la cura pastorale del Vescovo.
DONNE DI SPERANZA/5: Marta di Betania

Frutto dell’immaginazione che prende il volo dalla narrativa scarna del Vangelo, un quadretto come questo, con tutta probabilità, non si discosta dal reale, come è reale la lamentela che Luca sceglie di non tacere: “Non ti importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire?” (Lc 10, 38-42).
Solo lei poteva permettersi di apostrofare il Maestro con tali parole, nelle quali sentiamo risuonare il piglio della governante indiscussa di casa e insieme la malcelata e sottile invidia per Maria, la sorella incurante di tutto perché totalmente attratta da Lui.
Eccola, Marta: una donna tanto capace di dare grande amore nella concretezza dei gesti della cura, quanto fragile e imbarazzata nel ricevere gratuitamente l’amore di altri.
Tutti, in fondo, sperimentiamo che è più facile amare piuttosto che lasciarsi amare e, per questo, tutti siamo un po’ come lei: pronti a darci da fare e ad agire per il bene, ma incapaci di dire a noi stessi che l’attivismo ci distoglie dall’essenziale e cioè dall’amore che è dono di Cristo, prima di essere un nostro impegno.
DONNE DI SPERANZA/4: La guarigione della figlia pagana e...di Gesù

La donna è angosciata, ma, per il bene della figlia, non può permettersi di disperare e deve lottare. Si aggrappa, così, a delle briciole, scarti di una tavola di vita da cui lei e sua figlia sembrano escluse. La madre non può rassegnarsi all’idea che un Dio finora annunciato come Padre amorevole e provvidente, che nutre i passeri e veste i gigli, possa rimanere indifferente al grido di una sua creatura.
Gesù finalmente apre gli occhi sugli scarti, loda la fiducia di questa donna e si sente in sintonia con il volto di Dio in cui ella spera: un Padre che ha posto per tutti. Così, da quel momento, Gesù si prenderà cura anche delle folle pagane.
La speranza materna di questa donna sa riconoscere e custodire quelle briciole, quei piccoli segni di vita anche quando prevale l’esperienza della malattia o l’indifferenza sociale. La richiesta di vita di troppi bambini e bambine, donne e uomini esclusi dalla tavola dei figli è ciò che potrà salvarci, tirarci fuori dai sepolcri dell’indifferenza e delle chiusure nazionaliste.
Cristina Viganò
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