La carità pastorale
Il nostro annuncio della Risurrezione è molto simile a quello di Gesù, il pastore bello, il pastore buono, colui che offre se stesso per le pecore che il Padre affida alle sue cure e che sono entrate a far parte di Lui, del suo cuore, della sua stessa vita. Gioisce delle pecore che lo circondano, cerca quelle che si smarriscono. Non rifiuta di percorrere monti e foreste, attraversa precipizi, è accanto a quella vagabonda e se la trova affaticata è mosso a compassione della sua fatica e, presala sulle spalle, cura la fatica della pecora con la propria fatica. (Basilio di Seleucia, Omelie 26).
Gesù Pastore non ha paura di mescolarsi all'umanità e di stare con i peccatori; Lui, che è senza peccato. Quanto più lontano dal peccato, tanto più è capace di farsi prossimo all'uomo: perché ama l'uomo così, ama la storia e in essa ci insegna a riconoscere il Regno di Dio.
L'amore di pastore che impara dal Padre lo porta fino a morire come pecora per le pecore. (ib.)
Questo gratuito e radicale donarsi di Gesù ci attira in tutta la sua bellezza e ci invita a lasciarci assimilare a Lui, ad entrare nel suo amore.
Chiede di imparare ad amare come Lui: offrire la vita.
Come il pastore che sta in mezzo al suo gregge, ci facciamo madri, sorelle e amiche di ogni uomo e donna (Statuto 20).
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