n.8: Dare testimonianza in un mondo secolarizzato
Proposizione 8: DARE TESTIMONIANZA IN UN MONDO SECOLARIZZATO
Noi siamo cristiani che vivono in un mondo secolarizzato. Mentre il mondo è e rimane la creazione di Dio, la secolarizzazione, rientra nella sfera della cultura umana. Come cristiani non possiamo rimanere indifferenti al processo di secolarizzazione. Ci troviamo infatti in una situazione simile a quella in cui si trovarono i primi cristiani come tali dovremmo percepire questa situazione come una sfida ed una possibilità. Noi viviamo in questo mondo, ma non siamo di questo mondo (cfr Gv 15,19; 17,11; 16). Il mondo è la creazione di Dio e manifesta il suo amore. In Gesù Cristo e per Lui, noi riceviamo la salvezza di Dio e noi siamo capaci di discernere l’evoluzione della sua creazione. Gesù ci apre di nuovo le porte, in modo che, senza timore, possiamo abbracciare con amore le ferite della Chiesa e del mondo (cfr Benedetto XVI). Nella nostra era attuale, che manifesta degli aspetti più difficili rispetto al passato, anche se siamo come il “piccolo gregge” (Lc 12,32), noi diamo testimonianza dell’annuncio evangelico della salvezza e siamo chiamati ad essere sale e luce in un mondo nuovo (cfr Mt 5,13-16).
Nonostante “La gloria di Dio è che si realizzi la manifestazione e la comunicazione della sua bontà, in vista delle quali il mondo è stato creato. Fare di noi i suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, è il benevolo disegno della sua volontà a lode e gloria della sua grazia (Ef 1,5-6).”La gloria di Dio è l’uomo vivente e la vita dell’uomo è la visione di Dio: se già la Rivelazione di Dio attraverso la creazione procurò la vita a tutti gli esseri che vivono sulla terra, quanto più la manifestazione del Padre per mezzo del Verbo dà la vita a coloro che vedono Dio” (S.Ireneo di Lione, Adversus haereses, 4,20,7)” vedi CCC 294, l’uomo e la donna tendono ad arginare Dio dalla loro vita, alla ricerca di una specie di autoreferenzialità e indipendenza da Lui.
La secolarizzazione si presenta oggi nelle nostre culture attraverso l’immagine positiva della liberazione, della possibilità di immaginare la vita del mondo e dell’umanità senza riferimento alla trascendenza. A differenza di altri continenti dove si registrano forme anti cristiane, antireligiose e anticlericali che arrivano fino alla violenza fisica, nella nostra Europa (e comunque nella parte del mondo chiamato Occidentale) con un tono dimesso, la secolarizzazione ha invaso la vita quotidiana delle persone sviluppando una mentalità in cui Dio è di fatto assente, in tutto o in parte, dall’esistenza e dalla coscienza umana. Questa modalità di incidere sull’aspetto culturale (il modo di intendere e vivere la vita) ha consentito alla secolarizzazione di entrare nella vita dei cristiani e delle comunità ecclesiali, divenendo ormai non più soltanto una minaccia esterna per i credenti, ma un terreno di confronto quotidiano. Sono espressioni della cosiddetta cultura del relativismo (vedi insegnamenti magisteriali di Benedetto XVI). Inoltre, vi sono gravi implicazioni antropologiche in atto che mettono in discussione la stessa esperienza elementare umana, come la relazione uomo-donna, il senso della generazione e della morte.
I tratti di un modo secolarizzato di intendere la vita segnano il comportamento quotidiano di molti cristiani, che si mostrano sempre più influenzati, se non condizionati, dalla cultura dell’immagine con i suoi modelli e impulsi contraddittori. La mentalità edonistica e consumistica predominante induce in loro una deriva verso la superficialità e un egocentrismo che non è facile contrastare. La “morte di Dio” annunciata nei decenni passati da tanti intellettuali cede il posto ad uno sterile culto dell’individuo. Il rischio di perdere anche gli elementi fondamentali della grammatica di fede è reale, con la conseguenza di cadere in un’atrofia spirituale e in un vuoto del cuore, o al contrario in forme surrogate di appartenenza religiosa e di vago spiritualismo. In un simile scenario, la nuova evangelizzazione si presenta come lo stimolo di cui hanno bisogno le comunità stanche e affaticate per riscoprire la gioia dell’esperienza cristiana, per ritrovare “l’amore di un tempo” che si è perduto (Ap 2,4), per ribadire la natura della libertà nella ricerca della Verità, che per i cristiani non è una teoria ma una Persona che si propone davanti a noi come modello di Vita (Gv 14,6).
Maria Grazia R.
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