n.27: Educazione
PROPOSIZIONE 27: EDUCAZIONE
“Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt 28,19-20). L’educazione è una dimensione costitutiva dell’evangelizzazione. Proclamare Gesù Cristo risorto, è accompagnare tutti gli esseri umani nella loro storia personale, nel loro sviluppo e nella loro vocazione spirituale. L’educazione deve, allo stesso tempo, promuovere tutto quello che è vero, buono e bello che fa parte della persona umana, vale a dire, educare lo spirito e le emozioni ad apprezzare la realtà.
I bambini, gli adolescenti e i giovani hanno il diritto di essere evangelizzati ed educati. Le scuole ed università cattoliche rispondono in questo modo a questa esigenza. Le istituzioni pubbliche devono riconoscere e sostenere questo diritto.
Le scuole devono assistere le famiglie nell’introdurre i bambini nella bellezza della fede. Le scuole offrono una grande opportunità di trasmettere la fede o almeno di farla conoscere. I padri sinodali sono grati per il lavoro educativo svolto da migliaia di insegnanti, uomini e donne, nelle istituzioni educati che cattoliche dei cinque continenti.
A causa del ruolo singolare degli insegnanti, è importante che ricevano una formazione permanente nell’esercizio delle loro responsabilità. Le scuole devono essere libere di insegnare. Questa libertà è un diritto inalienabile.
Pertanto, al fine di assicurare che le nostre istituzioni siano agenti di evangelizzazione e non solo dei prodotti di evangelizzazione, il Sinodo:
- incoraggia le istituzioni educative cattoliche a fare tutto il possibile per preservare la loro identità come istituzioni ecclesiastiche;
- invita tutti gli insegnanti ad abbracciare la leadership che è in loro in quanto discepoli battezzati di Gesù, dando testimonianza attraverso la loro vocazione di insegnanti;
- esorta le Chiese particolari, le famiglie religiose e tutti coloro che hanno responsabilità nelle istituzioni educative a facilitare la corresponsabilità dei laici, offrendo una formazione ed un accompagnamento adeguati a questo scopo.
In questo decennio pastorale, la Chiesa Italiana si trova a riflettere, vivere e lavorare, proprio sul tema educativo, nella molteplice prospettiva di forme e attenzioni quindi, nel commento alla presente proposizione, cerco di tener conto proprio della riflessione fin qui maturata e delle prospettive future.
Di per sé educazione ha soprattutto una connotazione antropologica, sociale e culturale. Non perché non esista una pedagogia religiosa o quella che viene chiamata educazione alla fede, ma perché queste sono applicazioni derivate rispetto al compito di annuncio e di predicazione, rispetto al cammino di conversione e di crescita nella fede verso la santità della vita.
A stretto rigor di termini, l’espressione “educazione alla fede” può suonare perfino equivoca, se dimentica che la fede è suscitata dallo Spirito del Risorto e comunicata pienamente con l'evento battesimale, e perciò accolta in una scelta consapevole di libertà; essa non può essere l’esito di un progetto pedagogico. Certo la fede ha bisogno di essere accompagnata e coltivata, può essere favorita o ostacolata, ma il soggetto proprio e principale anche della sua maturazione è divino, sebbene la libera accoglienza sia mediata ecclesialmente, cioè tramite la Parola, i Sacramenti, il servizio del ministero ordinato e la fraternità credente.
Possiamo, allora, parlare di educazione in riferimento alla fede nel senso del servizio ecclesiale con cui essa viene sostenuta e accompagnata nei membri della comunità e di quanti entrano in contatto con essa.
In tal caso, è tutta la comunità che educa e tutta la comunità che ha bisogno di essere educata (adulti e famiglie compresi! Vedi proposizione 28). Infatti, chi predica e celebra ha forse meno bisogno di coltivarsi rispetto a quelli che ascoltano e ricevono i Sacramenti? Niente affatto. Nella Chiesa tutti abbiamo bisogno di essere aiutati e tutti abbiamo il dovere di aiutare gli altri a credere. Tutti siamo aiutati con gli stessi strumenti - la Parola, i Sacramenti, la vita comunitaria - e tutti aiutiamo i fratelli; solo che questo aiuto non lo prestiamo gli uni gli altri alla stessa maniera né con la medesima efficacia. Infatti, solo il ministero ordinato ha il potere di compiere quelle azioni presidenziali e sacramentali che servono a coltivare la vita di grazia e a far crescere in essa, mentre a ogni fedele è affidata la responsabilità di testimoniare con la parola e con la vita quella fede che tiene viva in sé e vuole veder crescere in altri. Quanto all’efficacia, fatto salvo il primato della grazia di Dio e la sua potenza, essa è tanto maggiore quanto più grande è la santità di chi parla e agisce.
L’educazione diventa una forma di svolgimento della missione cristiana, propriamente là dove l’accompagnamento del cammino credente si incrocia con il processo di maturazione umana che porta un bambino, un ragazzo, un giovane a diventare adulto nella fede. Quando la proposta dell’annuncio cristiano deve essere assunto dentro il processo di formazione di una persona, lì l’educazione non può che essere anche accompagnamento pedagogicamente qualificato nella maturazione della fede. Si scopre così il significato unificante dell’accoglienza dell’esperienza credente. “In questo quadro – dicono gli orientamenti pastorali – si inserisce a pieno titolo la proposta educativa della comunità cristiana, il cui obiettivo fondamentale è promuovere lo sviluppo della persona nella sua totalità, in quanto soggetto in relazione, secondo la grandezza della vocazione dell’uomo e la presenza in lui di un germe divino” (CEI, Educare alla vita buona del vangelo, 15).
La fede non si aggiunge come un completamento o un abbellimento o un rivestimento rispetto a un’esperienza e a una visione della vita perseguite e realizzate indipendentemente da essa. Una cosa simile sarebbe inservibile e, in ogni caso, nulla avrebbe a che fare con la fede cristiana. Questa non è una forma di verniciatura religiosa su un’identità umana autonoma, bensì il principio di una nuova identità, di un nuovo modo di essere umani, di stare al mondo, di relazionarsi con se stessi, con gli altri, con l’universo intero e tutto ciò che esso contiene, e anche con Dio; il Dio di Gesù Cristo, infatti, è il Padre del crocifisso risorto nello Spirito Santo, e non semplicemente la variante religiosa di una astratta figura teistica. “La fede, infatti – sono ancora i Vescovi italiani a parlare – è radice di pienezza umana, amica della libertà, dell’intelligenza e dell’amore. Caratterizzata dalla fiducia nella ragione, l’educazione cristiana contribuisce alla crescita del corpo sociale e si offre come patrimonio per tutti, finalizzato al perseguimento del bene comune” (CEI, Educare alla vita buona del vangelo,15).
Per una più accurata riflessione/approfondimento sul tema della scuola/università rimando la lettura ai nn. 46-49 degli Orientamenti Pastorali sopra citati.
Maria Grazia Rasia
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