DONNE DI CHIESA – L’esperienza delle Ausiliarie Diocesane
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Alla possibile riforma dall’alto, però, corrisponde un effettivo e già esistente vissuto dal basso. Esistono e si stanno sviluppando, in Italia e nel mondo, varie esperienze di donne che condividono un medesimo carisma di servizio alla Chiesa locale o, se vogliamo usare termini più precisi, un ministero pastorale di fatto, nell’offerta della propria vita per l’edificazione della comunità cristiana, senza essere vincolate ad uno specifico compito carismatico, quale, per esempio, quello dell’assistenza ai malati, dell’educazione, del soccorso ai poveri, ecc. Nella nostra diocesi l’esperienza vanta già una cinquantina d’anni. Nell’intuizione è debitrice allo sguardo profetico del card. Montini, che già nel 1961 sognava l’inserimento a pieno titolo delle donne nella pastorale. Essa si è poi sviluppata e precisata man mano seguendo il cammino della chiesa locale, in una storia di entusiasmo e fatica, pazienza e gioia, fino ad essere riconosciuta come forma originale di consacrazione e via di autentica santità dalla Chiesa diocesana nel Sinodo 47°. È la nostra vicenda di Ausiliarie Diocesane, che professando i consigli evangelici nelle mani dell’Arcivescovo e condividendone il ministero e la carità pastorale (cf. Sinodo 47°, 458 §3) offriamo la nostra vita al servizio della chiesa locale e contribuiamo così a tratteggiarne il volto.
All’indomani dell’udienza, la nostra gente, quella in mezzo alla quale viviamo, ha istintivamente sovrapposto questo ministero di fatto con il diaconato. In questi casi il rischio è quello di essere precipitosi e di soffocare in forme già determinate ciò che anche il card. Scola ha riconosciuto come novità dello Spirito e vocazione di grandissima attualità per la Chiesa di oggi. Come Ausiliarie diocesane, quindi, non possiamo che gioire per l’emergere di un tema che ci sta tanto a cuore e che probabilmente permetterà anche ad altre donne di precisare la direzione della loro offerta della vita. Come donne di Chiesa, ci sentiamo coinvolte in prima persona e auspichiamo che la riflessione venga portata avanti con le donne e che non si limiti alla chiesa primitiva, ma si incarni nell’oggi e nella situazione della donna nella società.
CARLO MARIA MARTINI E GLI ANNI DI PIOMBO
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