ANNIVERSARI 2023: Luisella
Quando si racconta della vocazione lo si deve fare con estrema delicatezza, perché si va a raccontare di un Mistero grande che ciascuno riceve in dono, da Dio, con la vita. Qualcosa di estremamente personale, originale, unico. Perché la storia di ciascuno è sacra.
Condivido, allora, qualche scintilla degli inizi e di questi venticinque anni di consacrazione che spero facciano intuire qualcosa del dono che ho ricevuto e vivo.
Solo qualche scintilla perché come i segreti degli innamorati, degli sposi, sono da proteggere, da custodire e non vanno gridati ai quattro venti, ma condivisi sottovoce, e anche perché a volte le parole non riescono a dire tutto e bene di quello che si ha nel cuore. Per questo esiste la musica, esiste la danza, esistono le arti, esistono i baci, gli abbracci, gli sguardi.
Molti in questi giorni mi hanno dimostrato la loro vicinanza scrivendomi biglietti di auguri.
In uno di questi scritti è riportata una frase di Papa Francesco che in poche righe riesce a descrivere l’essenziale della vocazione: “la vocazione non è un nostro progetto pensato a tavolino, ma è la risposta alla grazia del Signore che ci raggiunge attraverso un incontro che ci cambia la vita”.
Il dono di Dio e la libertà che ciascuno è chiamato a mettere in gioco costruiscono la strada. La vocazione non solo ti cambia la vita, ma la modella facendoti prendere la forma di Gesù.
Davvero, poi, la vocazione è stata più che mai la risposta ad incontri che mi hanno raggiunto, ai quali ho sentito di dover dire un sì pieno, ragionevole. Ho incontrato persone portatrici della grazia di Dio e che mi hanno sempre fatto sentire di essere a casa e di appartenere a Qualcuno.
Ricordo tre episodi di chiamata che ho vivi in me e che hanno dato il via a passi concreti di vocazione e di vita. Sono stati dei sì generativi. Tre episodi banali, ma che per me hanno contato tanto.
Un giorno di luglio a Cornalba, paese natio di mia mamma, dove trascorrevo con la mia famiglia i tre mesi estivi di vacanza, ero a Messa con lei, quando il Parroco mi si è avvicinato chiedendomi se volessi fare il chierichetto.
Mi sarebbe proprio piaciuto, ma ero una femmina e nessuna ragazza serviva all’altare a quei tempi.
E lui (forse si era reso conto che i miei amici maschietti preferivano giocare a pallone piuttosto che andare a Messa in settimana - Non che io non amassi giocare, anzi, ma allo stesso tempo mi sentivo bene nel silenzio della Chiesa, partecipando ai canti, e alle preghiere) mi ha detto che non importava e di seguirlo in sacrestia. Da quel giorno sono entrata a far parte del gruppo chierichetti e dei ragazzi dell’oratorio estivo della montagna.
L’altro episodio è capitato all’oratorio femminile di Concorezzo, paese dove sono nata e ho vissuto fino all’ingresso in noviziato.
Ogni domenica pomeriggio appena finito il pranzo in famiglia ci si recava tutte in oratorio per le varie attività.
Era la prima domenica che mia mamma era riuscita a convincermi (obbligandomi) ad andarci. Non conoscevo quasi nessuno.
Ad un certo punto don Mario, il don dell’oratorio, ha puntato il dito verso di me e mi ha detto: “Tu, vai in porta!”. E io ci sono andata, mi è sempre piaciuto giocare a pallamano. Quella proposta semplice e quel sì detto di slancio hanno fatto dell’oratorio la mia seconda casa.
Il terzo episodio risale al settembre 1983 quando don Mario Ferrario, il nostro amatissimo prete dell’oratorio femminile, ci ha comunicato che lasciava la Parrocchia di Concorezzo per prendere servizio come Parroco della comunità di Montesolaro.
Per salutarci ha scritto una lettera a tutta la comunità. Ricordo ancora la frase scritta in fondo alla pagina, con la sua calligrafia minuta: A che vale la vita, se non per essere donata?
Da quel giorno ho deciso che quello sarebbe stato lo scopo della mia vita: donare la vita. Gli anni che piano piano poi si sono succeduti sono stati anni di dono e di ricerca, di confronto e di discernimento, di rilettura della mia vita. Ho visto che le persone che fino a quel momento avevano fatto parte della mia vita erano accomunate proprio dal desiderio di donare la vita. La contentezza che vedevo sui loro volti mi ha fatto dire che davvero questa è una vita che vale la pena di vivere.
Ringrazio le case in cui ho respirato che donare la vita valeva la pena.
I miei genitori sempre pronti al servizio di chi aveva bisogno.
Le comunità cristiane dalle quali provengo: Concorezzo e Cornalba.
L’Oratorio Femminile di Concorezzo: con i vari preti che si sono succeduti in modo particolare don Adriano Cucco.
L’Istituto delle Ausiliarie Diocesane, la mia famiglia.
Le comunità cristiane nelle quali ho vissuto condividendo il cammino di fede e di vita: Cologno Monzese quartiere stella, Lentate e Cimnago, Garbagnate Milanese e Santo Stefano di Sesto.
Sono casa per me anche le amicizie profonde che sono nate in questi anni dalla condivisione del cammino di fede. Ringrazio anche di questo.
Da settembre continuerò il cammino di vocazione a Cesano Maderno nella Comunità pastorale Pentecoste. Il Signore mi ha fatto un bello scherzetto perché esaudendo la mia ricerca di “casa” me ne ha preparate quattro. Quattro come le parrocchie della comunità della Pentecoste. Si può proprio dire che nell’Amore il Signore esagera sempre.
Luisella Grassi
Parrocchia S. Stefano, Sesto S. Giovanni
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