La carità pastorale
L'icona del buon Pastore e la nostra vocazione
Il Pastore Bello
Un icona che ci è molto cara perché ci aiuta ad entrare nella dedizione del Signore Gesù è quella che Giovanni offre al capitolo 10 del suo Vangelo.
Gesù è descritto come buon pastore o anche, con una traduzione più aderente al testo greco, come pastore bello. E' bello ciò che assolve pienamente al suo compito, cioè coluiche compie esattamente ciò per cui è mandato. Occorre allora entrare più profondamente nel brano per comprendere quale sia la missione di questo Pastore e fermarsi a contemplare come il Signore Gesù vi risponda.
Gesù stesso spiegandosi dice che il pastore offre la vita per le sue pecore, ancorapiù correttamente si può tradurre espone la sua vita per le pecore,cioè si espone in prima persona, si gioca per primo, si mette davanti totalmente dalla parte delle sue pecore, per la sola ragione che queste pecore sono le sue, gli appartengono, sono entrate a far parte di lui, del suo cuore, della sua stessa vita: il pastore si riconosce dal mercenario per questo suo movimento di dono che domanda di esporsi, di non fuggire di fronte ai lupi dell' esistenza.
...ci attira
Questo gratuito e radicale donarsi può essere solo del Pastore,ma per tutta la sua disarmante bellezza ci attira e ci chiede di imparare ad amare come Lui, di più, ci chiede di lasciarci assimilare da Lui, ci chiede di entrare a farvi parte... Sapendosi conosciute e chiamate per nome, raccogliamo il suo invito a conoscerlo e seguirlo.
Questo volto, anzi questo cuore di Gesù, non ci chiede di fare qualcosa in particolare, ci chiede di esporre anche noi la nostra stessa vita, di lasciarla non perché di poco valore, ma perché solo mantenendosi in questo esercizio di dono, può ritrovare il volto amico e familiare del Signore.
Cercando di imitare la donazione di Gesù entriamo più profondamente in quella relazione di conoscenza che lega Gesù al Padre e alle pecore: Io conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre. Quanto più Gesù offre la sua vita, tanto più intimamente conosce il Padre: l'offrire la sua vita per le pecore alimenta la sua conoscenza della volontà del Padre; allo stesso modo quanto più noi lo seguiamo tanto più nutriamo la nostra conoscenza di Lui, laCaritàche cerchiamo di vivere alimenta la nostra vocazione.
Questo pastore che espone la vita non ha paura a mescolarsi all'umanità, non ha paura di passare per la porta come le pecore, non ha paura a stare con i peccatori, lui che è l'unico senza peccato, quanto più lontano dal peccato, tanto più capace di farsi prossimo all'uomo; poiché ama l'uomo così, ama la storia e in essa ci insegna a riconoscere il Regno di Dio: è Gesù che si fa vicino, che si china, che ama di preferenza i poveri e i piccoli ma sa leggere nei cuori di ciascuno le attese e i desideri, le sofferenze e le fragilità che si incontrano nel nostro quotidiano (nelle nostre relazioni più vicine, nelle nostre faccende che ci impegnano lungo il giorno, nelle nostre stanchezze, nelle nostre delusioni, ma anche nelle nostre piccole gioie e attese). Questo diventa quindi il movimento della carità che "si eleva a meravigliosa altezza quando si trascina con misericordia fino alle bassezze del prossimo; e quanto maggior benevolmente si piega verso le infermità tanto più potentemente risale verso l'alto"(Gregorio Magno - La regola pastorale).
Un altro Pastore
Prima di Gesù, Ezechiele aveva usato l'immagine del Pastore per descrivere la dedizione di Dio: Io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura. Come un pastore passa in rassegna il suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore che erano state disperse, così io passerò in rassegna le mie pecore [...].Andrò in cerca della pecora perduta, fascerò quella ferita e curerò quella malata. Avrò cura della grassa e della forte. (Cfr. Ez 34, 11-16)
Colpisce che questo pastore sa prendersi cura della pecora fragile, ma sa dare anche alla pecora grassa ciò di cui ha bisogno. Proprio ad imitazione di questo Pastore, che non cura solo alcune categorie di pecore, ma ciascuna secondo il suo bisogno, noi ausiliarie scegliamo di dedicarci non ad una categoria particolare di persone ma ci mettiamo fra la gente per condividerne la vita, affezionarci a chi ci è dato di incontrare che sia grassa o magra, in salute o malata, fragile o forte ... Questo perchè abbiamo sperimentato la cura e la sollecitudine del pastore per ciascuno... il Pastore sta in mezzo al suo gregge e lì espone la sua vita , così anche noi, certe che quello è il luogo per incontrarlo, stiamo in mezzo al suo popolo cercando di esporre la nostra vita facendoci sorelle, amiche e madri di chi lo cerca e alle volte anche di chi è troppo stanco o sfiduciato per cercare.
Roberta Casoli
vai a: lettura spirituale dell'icona delle donne della Risurrezione
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