I LUOGHI DELLA FRATERNITA'/ 2: Accanto ai migranti
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“Buenas noches, todo bien?” Il saluto aperto e l’accoglienza spontanea sono aspetti che appaiono immediatamente nella comunità latino-americana di S.Stefano (Milano). Persone giunte in Italia per lavorare e che hanno la necessità di ritrovare la propria lingua e i propri riferimenti spirituali. Approdano in questa comunità linguistica (due quelle di lingua spagnola in Milano città) e se desiderano si coinvolgono mettendo a disposizione la propria esperienza di Chiesa maturata al di là dell’oceano. In questa comunità tutto è fluido, transitorio, ed è qui dove anch’io sono presente come “catechista”, semplicemente, sapendomi “sorella” di un tratto di cammino. Della comunità condivido la celebrazione eucaristica e alcuni momenti di preghiera che, secondo il loro stile, è sempre intensa e vivace. Quella di S.Stefano è una comunità che celebra tutti insieme, giovani e adulti (e qualche anziano, pochi), rispettando le diverse sensibilità presenti al loro interno.
“C’è anche un aspetto dell’apertura universale dell’amore che non è geografico ma esistenziale. È la capacità quotidiana di allargare la mia cerchia, di arrivare a quelli che spontaneamente non sento parte del mio mondo di interessi, benché siano vicino a me” (papa Francesco, Fratelli tutti, n.97).
Dicevo che alla parrocchia dei Migranti sono una catechista, cioè accompagno al battesimo alcuni adulti. Sono persone che non hanno potuto, per vari motivi, ricevere i sacramenti da bambini. Ognuno con la propria storia e con il proprio percorso esistenziale, ma con in comune una grande capacità di ascoltare e raccontare la Parola di Dio. La Bibbia come libro Sacro è alla base della loro cultura religiosa: l’ascoltano, la amano, si interrogano, ne parlano. Sono sempre capaci di riascoltarla e anche di ri-raccontarla. Come tutti, sono molto attaccati alle loro convinzioni, ma anche molto pronti a rimettersi in discussione e a parlare di ciò che si annuncia loro. Hanno vissuto e vivono gravi difficoltà, ma quando chiedono il battesimo è perché desiderano ritrovare in Italia una vita nuova. Quindi anche per me questo impegno ha chiesto un cambiamento di mentalità. Non è tanto il mio “sapere” in gioco, ma il “sapore” della mia fede. Nel cammino di catecumenato sono chiamata a prendermi cura dell’altro in senso spirituale. È un costruire, un tessere, un mettersi in relazione. Si cammina insieme, si è insieme tra le braccia del Signore-samaritano (della parabola che fa da filo conduttore dell’Enciclica del papa) che si fa prossimo fino al punto di donare il Figlio per amore di noi sue creature. Si è insieme nella stessa Chiesa che è madre, che ci accoglie e ci accompagna a crescere per un nuovo “sì” alla vita.
“Quando c’è qualcosa che per nessuna ragione dobbiamo permetterci di dimenticare, tuttavia possiamo perdonare. Il perdono libero e sincero è una grandezza che riflette l’immensità del perdono divino” (papa Francesco, Fratelli tutti, n.250).
Condividere il cammino dei catecumeni è una scuola anche per me stessa, mi educa ad essere attenta e grata per il bene ricevuto, mi ricorda che siamo sempre chiamati a vivere come fratelli e sorelle che si accompagnano reciprocamente e che si prendono cura gli uni degli altri, mi richiama a non chiudere gli occhi di fronte ai dolori del mondo. La povertà e la precarietà che si ritrovano a vivere qui in Italia, non li porta alla chiusura e all’egoismo, bensì ad una possibilità di futuro con una forte dose di resilienza. Ciò che Gesù sulla Croce ci consegna è la possibilità di perdonare, non di dimenticare il male subito, ma un senso nuovo per la propria esistenza. Questo credo sia il dono più bello che un catecumeno possa ricevere nel suo percorso di preparazione al battesimo e anche un augurio che la comunità di S.Stefano rivolge a tutti noi in questa Quaresima.
Isa Santambrogio (parrocchia S.Stefano Maggiore, Milano)
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