n. 18: Nuova evangelizzazione e media
PROPOSIZIONE 18: NUOVA EVANGELIZZAZIONE E MEZZI DI COMUNICAZIONE SOCIALE
L’uso di mezzi di comunicazione sociale ha un ruolo importante da giocare per raggiungere ogni persona con il messaggio della salvezza. In questo campo, specialmente nel mondo di comunicazioni elettroniche, è necessario che cristiani convinti vengano formati, preparati e resi capaci a trasmettere fedelmente il contenuto della fede e della morale cristiana. Devono avere la capacità di utilizzare bene le lingue e gli strumenti di oggi che sono disponibili per la comunicazione nel villaggio globale.
La forma più efficace di questa comunicazione della fede rimane la condivisione della testimonianza di vita, senza cui gli sforzi dei media non si tradurranno in una trasmissione efficace del Vangelo. L’educazione ad un utilizzo razionale e costruttivo dei mezzi di comunicazione sociali è uno strumento importante per la nuova evangelizzazione.
La comunicazione sociale è una componente essenziale della nuova evangelizzazione. È perciò un diritto-dovere della Chiesa adoperarsi affinché la comunicazione sociale sia più autentica, rispettosa della verità, attenta alla dignità della persona, nella consapevolezza che la comunicazione della fede passa in larga misura anche attraverso di essa. In tutta l’azione della Chiesa è richiesta una maggiore attenzione per un ricorso sapiente e originale ai media, nel quadro di una pastorale organica delle comunicazioni sociali. Infatti, per situarsi nel cuore del progresso umano cercando di capirlo ed interpretarlo e per affrontare i problemi della comunicazione della fede nella società dominata dai media, non basta affinare gli strumenti o affidarsi alle nuove tecnologie; è indispensabile cogliere le sfide culturali lanciate alla società e alla Chiesa dal nuovo orizzonte comunicativo.
Servono a poco le iniziative estemporanee ed episodiche. È urgente, piuttosto, sviluppare una progettazione pastorale coerente e incisiva. Numerose sono state sino ad oggi le indicazioni del Magistero che dal Concilio Vaticano II non ha perso occasione per sottolineare il nesso profondo tra la missione della Chiesa e le comunicazioni sociali. Una significativa presa di coscienza in merito è emersa per la Chiesa in Italia al Convegno ecclesiale di Palermo, come testimoniano gli impegni poi assunti dall’episcopato: «Intendiamo promuovere in ogni diocesi una pastorale organica della comunicazione sociale, con ufficio diocesano adeguato e animatori ben preparati, per curare la formazione dei sacerdoti, dei comunicatori e degli utenti» (CEI, Con il dono della carità dentro la storia, 29). Nell’ottica di una pastorale integrata occorre prevedere un percorso di educazione alla comunicazione, propositiva e critica nei confronti dei media e nello stesso tempo attenta all’evoluzione dei suoi linguaggi. Ogni progetto pastorale deve tener conto dei rapporti tra linguaggio della fede e nuovi linguaggi mediali. È la logica degli stessi orientamenti pastorali per il primo decennio del Duemila, che della comunicazione fanno una prospettiva specifica con cui deve coniugarsi l’evangelizzazione: «Le iniziative avviate in questi anni dalla Chiesa in Italia per raccordare e promuovere la comunicazione in campo ecclesiale e per rendere più incisiva la presenza della Chiesa nei media dovranno trovare in questo decennio un’ulteriore realizzazione nel quadro di un’organica pastorale delle comunicazioni sociali e nella prospettiva del progetto culturale»(CEI Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, 39).
Come può operare la Chiesa all’interno della nuova cultura? Ad un contesto sempre più complesso, segmentato e pluralistico, si aggiunge il profilo multietnico e multireligioso. Quali forme e indirizzi devono assumere l’evangelizzazione, la catechesi e la formazione?
Nell’individuare le risposte, la Chiesa è consapevole che la sua vita di comunione, come la sua capacità di rispondere alle domande, cresce anche per l’apporto prezioso delle comunicazioni sociali. Pertanto tutti i suoi membri devono familiarizzare con gli strumenti mediatici e in particolare con i nuovi media.
Una tale prospettiva di impegno comporta la ridefinizione del profilo di tutta l’azione pastorale, compito che non può essere affidato esclusivamente ad alcuni esperti o ai soli addetti del settore.
Sono coinvolte l’intera comunità ecclesiale e la responsabilità dei suoi pastori. L’analisi e il progetto riguardano tutte le componenti della comunità ecclesiale. Non si tratta tanto di inventare cose nuove, quanto di cominciare a dare nuovo vigore a ciò che in molti casi già esiste, ma nei confronti della nuova cultura si trova impotente, spuntato, afono. Il nodo del problema risiede nel legame tra cultura e i mezzi di comunicazione: «L’evangelizzazione stessa della cultura moderna dipende in larga parte dal loro influsso. […] Occorre integrare il messaggio stesso in questa nuova cultura creata dalla comunicazione moderna» (Pontificio Consiglio Cultura, Per una pastorale della cultura, 9).
Oltre all’aspetto cultura e mezzi di comunicazione per poter entrare in dialogo con il mondo e nel mondo, non è da sottovalutare il tema educativo rispetto all’uso dei media.
Il lettore, il telespettatore, il radioascoltatore, il navigatore della rete internet è il vero protagonista della comunicazione. Chi fruisce dei prodotti mediali può sancirne il successo o il fallimento. Su di essi, con l’obiettivo di affinarne le capacità critiche e le aspettative culturali, occorre intervenire per migliorare la qualità dei media e la loro corretta fruizione. Tutti, e in particolare le nuove generazioni, dovranno essere in grado di interagire con l’universo dei media in modo critico e creativo, acquisendo una nuova “competenza mediale” per essere a pieno titolo cittadini di questo tempo (cfr PONTIFICIA COMMISSIONE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI, Communio et progressio, 48). Ogni agenzia educativa dovrà farsi carico di questo compito: la famiglia, la parrocchia, la scuola, le associazioni. La Chiesa ha raccomandato con insistenza l’educazione ai media a partire dal decreto conciliare Inter mirifica: «Poiché il retto uso degli strumenti della comunicazione sociale, che sono a disposizione di recettori di ogni età e preparazione culturale, esige una loro adatta e specifica preparazione teorica e pratica, le iniziative atte a questo scopo – soprattutto se destinate ai giovani –, siano favorite e largamente diffuse nelle scuole cattoliche di ogni grado, nei seminari e nelle associazioni dell’apostolato dei laici, e vengano ispirate ai principi della morale cristiana» (CONCILIO VATICANO II, Inter mirifica, 16).
A questa responsabilità educativa non è legittimo sottrarsi. Lo sviluppo delle tecnologie comunicative comporta nuove competenze critiche ed esige una reale partecipazione democratica. Diviene sempre più urgente formare sia i destinatari che i comunicatori sulla base dei principi cristiani (Cf PONTIFICIA COMMISSIONE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI, Communio et progressio, 63-70.107). In particolare «le università, i collegi, le scuole e i programmi educativi cattolici a tutti i livelli dovrebbero offrire corsi a vari gruppi, seminaristi, sacerdoti, religiosi e religiose o animatori laici […], insegnanti, genitori e studenti, così come una formazione più avanzata in tecnologia, gestione, etica e politica delle comunicazioni a coloro che si preparano a operare nell’ambito dei mezzi di comunicazione sociale o a svolgere ruoli decisionali, inclusi quanti operano nel campo delle comunicazioni sociali della Chiesa» PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI, La Chiesa e Internet, 11). È fondamentale, inoltre, che nelle istituzioni formative cattoliche ci siano sempre più ricercatori e studiosi che sappiano affrontare e approfondire tematiche inerenti le questioni culturali legate all’incidenza dei media e delle nuove tecnologie.
Maria Grazia Rasia
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