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Dentro una storia di santità/3: COLLABORATRICI, DIACONESSE, MINISTRE. Il servizio pastorale

Paolo VI arazzo
“Questa vocazione vi darà infiniti fastidi, perché l’apostolato, il servizio delle anime è sacrificio, non è comodità”.
Risuonano forti in me queste parole,alla vigilia della canonizzazione di Paolo VI, mentre sono impegnata nella ripresa delle attività pastorali: incontri coi genitori da curare bene, percorsi di catechesi da presentare ai giovani e adulti, feste di riapertura degli oratori da promuovere e custodire insieme. Percepisco l’urgenza dell’annuncio, il desiderio di costruire relazioni nuove in nome del Vangelo, la voglia di affrettarsi per la Buona Notizia; ma mentre comincio a correre, incombono le questioni inevase dalla pausa estiva, affiorano i problemi,qualche tensione emerge, e …le agende si riempiono!
È davvero di conforto leggere quanto - allora Arcivescovo di Milano - Montini esprime alle religiose che incontrava annualmente in Duomo, in occasione dell’11 febbraio. Nel 1961 così diceva: “Io scompaginerò un po’ le vostre fila, vi immetterò a piccole gruppi, di qua e di là vi disseminerò nel popolo cristiano che ha così bisogno di vedere ancora le sue vergini consacrate in mezzo alla sua profanità”.
Non solo: il suo sguardo precorre i tempi e sostiene l’adesso dei miei pensieri. Ricordando alcune espressioni di Papa Pio XII, durante il suo servizio in Segreteria di Stato,racconta: “La Chiesa di Dio nel suo più alto Capo, nella sua espressione più autorevole, chiama, fa appello, desidera ha bisogno delle religiose per un impegno apostolico più vicino alla vita pastorale, al Sacerdozio, là dove è la responsabilità e la missione di salvare le anime”. Le parole del Pastore di Milano assumono uno sguardo profetico, in una Diocesi che allora poteva contare su ben 14.000 presenze di vita attiva e 500 claustrali: “Vorrei che il mondo fuori vi invidiasse”; “Vi metterò vicino alle mie Parrocchie, vi chiamerò vicino ai miei altari. Vi innesterò in tutta la mia fatica per salvare e santificare il mondo; cioè la vocazione moderna delle suore è questa, di diventare collaboratrici dell’azione pastorale”. Con audacia - forse rispetto anche all’oggi - il Cardinale sottolinea che le consacrate sono chiamate a diventare collaboratrici della più grande delle carità, quella del Pastore, cioè di chi accetta di diventare pastore delle anime: non a caso il Vangelo che evoca è l’apparizione del Risorto a Pietro, sul lago di Galilea, e l’invito a pascerne le pecore (Gv 21). Chiarissimo l’appello che traduce per le consacrate della sua Diocesi: “Diventare le collaboratrici le più umili, le più devote, ma anche le più necessarie e le più feconde nell’apostolato pastorale della Chiesa” (…) Diventate anche voi le diaconesse della Chiesa di Cristo, cioè le ministre. (…) Non rifiutate questa vocazione.”
L’insistenza a non declinare questa chiamata fa intuire qualche ritrosia e reticenza da parte dell’uditorio che - possiamo immaginare - nascono da paure e timori, e non solo di perdere comodità e tranquillità e turbare programmi e consuetudini, come lui stesso dice. Il futuro Papa Santo immagina le religiose disseminate in mezzo alle folle degli operai, dei lavoratori, degli impiegati della grande città, piccoli gruppi per essere sale della terra e luce del mondo, come lo sono i Sacerdoti. Santità seminata in e mezzo alla gente. È la Chiesa che vuole santificare e salvare il mondo, immersa in un’umanità bisognosa di essere salvata. Moderna vocazione dello stato religioso, a cui prepararsi bene sui tanti fronti che il servizio pastorale richiede: brave infermiere, brave maestre, capaci di stare coi giovani e negli oratori “come la vita pastorale di San Carlo e la nostra tradizione insegna e dovete davvero diventare le più brave a dominare, a dirigere, a divertire, a entusiasmare questa gioventù”. Interessante vedere come nel discorso di Montini – certo esortativo, sia pure pronunciato in un contesto ufficiale – ci siano delle ricorrenze: “Dovete diventare capaci di tutta questa vivacità, di questa comprensione, di questa pedagogia nuova che vi deve fare diventare più capaci di influire, di dominare, di educare, di cristianizzare.”
"Vedo con piacere come molte donne condividono responsabilità pastorali insieme con i sacerdoti, danno il loro contributo per l’accompagnamento di persone, di famiglie o di gruppi ed offrono nuovi apporti alla riflessione teologica” (EG 103). Le parole autorevoli di Papa Francesco nell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium potrebbero essere lette come attuazione di quanto auspicato allora da Montini. Certo la sfida per la Chiesa di oggi è ancora lunga: significa aiutare pastori e teologi “a meglio riconoscere ciò che questo implica rispetto al possibile ruolo della donna lì dove si prendono decisioni importanti, nei diversi ambiti della Chiesa” (EG 104).
Vibrano in me le parole che Montini aveva scelto per iniziare la sua omelia: “Mi vengono in mente tutte le care figure delle donne che hanno circondato il Signore. Penso a Marta, penso a Maria, penso a Giovanna, a Susanna, alle Marie che lo hanno poi seguito anche nei momenti più dolorosi e sono arrivate al Calvario e sono rimaste sole nel vespro tragico del Venerdì Santo a vegliare il Suo Sepolcro; e poi le prime, le più sollecite a ritornare al sepolcro di Cristo per portarvi il tributo della morte, il balsamo ed i profumi. Le prime a sussultare di spavento e di gioia nell’ammirare il più grande miracolo, quello della risurrezione. Le prime a correre per i sentieri, che saranno poi lunghi quanto le strade del mondo, ad annunciare la risurrezione di Cristo”.
Commuove pensare che anche papa Francesco abbia di recente dato voce alla medesima pagina evangelica, in occasione della Giornata mondiale della vita consacrata del 2018: “Alla fine dei Vangeli c’è un altro incontro con Gesù che può ispirare la vita consacrata: quello delle donne al sepolcro. Erano andate a incontrare un morto, il loro cammino sembrava inutile. (…) Ma, come quelle donne, andate avanti, nonostante le preoccupazioni per le pesanti pietre da rimuovere. E come quelle donne, per primi incontrate il Signore risorto e vivo, lo stringete a voi e lo annunciate subito ai fratelli, con gli occhi che brillano di gioia grande”.
Come Ausiliaria mi piace riflettere sul fatto che Montini parla alle religiose alla vigilia della Quaresima 1961. A Pasqua di quello stesso anno,meditando sulle “Benedette donne del Vangelo”, scriverà la lettera che contiene l’intuizione del nostro Istituto: “La nostra diocesi ha bisogno di donne consacrate che si offrano per il servizio pastorale nelle Parrocchie, dove, purtroppo, le Suore non bastano più e vengono meno”.
Maria Teresa Villa

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