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I luoghi dell'incontro 7: il mare

7.mareEccoci giunti alla soglia della libertà, eccoci giunti al passaggio finale di un cammino nel deserto che ora lascia vedere la fine. Ma quale finale ci possiamo aspettare? Quello della sconfitta? Quello del “potessimo tornare indietro!”? Oggi, come ogni generazione di viventi che ci hanno preceduto, dobbiamo fare appello alla memoria e fidarci di Colui che condusse “i figli di Israele all’asciutto in mezzo al mare e l’acqua fu per loro un muro a destra e a sinistra” (Es 14,29).L’intero racconto è nel libro dell’Esodo, nei capitoli 14 e 15. Qui ci soffermiamo solo alcune espressioni poetiche di quel canto che da allora ogni generazione canta e balla in prossimità della Pasqua.


Dal libro dell’Esodo (15,1-21)
«Voglio cantare al Signore,
perché ha mirabilmente trionfato:
cavallo e cavaliere
ha gettato nel mare.

Mia forza e mio canto è il Signore,
egli è stato la mia salvezza.
È il mio Dio: lo voglio lodare,
il Dio di mio padre: lo voglio esaltare!

I carri del faraone e il suo esercito
li ha scagliati nel mare;
i suoi combattenti scelti
furono sommersi nel Mar Rosso.
Gli abissi li ricoprirono,
sprofondarono come pietra.

Al soffio della tua ira
si accumularono le acque,
si alzarono le onde come un argine,
si rappresero gli abissi nel fondo del mare.

Soffiasti con il tuo alito:
li ricoprì il mare,
sprofondarono come piombo
in acque profonde.

Chi è come te fra gli dèi, Signore?
Chi è come te, maestoso in santità,
terribile nelle imprese,
autore di prodigi?».

Quando i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri furono entrati nel mare, il Signore fece tornare sopra di essi le acque del mare, mentre gli Israeliti avevano camminato sull’asciutto in mezzo al mare. Allora Maria, la profetessa, sorella di Aronne, prese in mano un tamburello: dietro a lei uscirono le donne con i tamburelli e con danze. Maria intonò per loro il ritornello:

«Cantate al Signore,
perché ha mirabilmente trionfato:
cavallo e cavaliere
ha gettato nel mare!».

Immaginiamo la scena: siamo usciti e il Faraone ce lo ha concesso dopo una lunga e dolorosa trattativa, ora però la strada è bloccata e non c’è via di scampo. I sentimenti che affollano il racconto sono di disperazione e sconfitta. Allora chiediamoci quante volte anche nel nostro vivere ci possiamo trovare in questo momento di panico totale. La storia è ai nostri occhi conclusa, come in un brutto sogno. Ciò che ci “insegue” ci soffia sul collo. “Non c’è più niente da fare, devo tornare indietro ed arrendermi come schiavo, infatti lo sapevo, io sono solo un fallito!”.
Ma attenzione: qui si presenta un “ribaltone” e Mosè lo descrive a suon di musica! Lo Spirito di Dio, lo stesso che al principio “aleggiava sulle acque” (Gen 1,2), agisce e con una mossa di alta strategia bellica apre una via nel Mare, qui conduce in salvo il popolo di Israele e cattura il nemico. L’acqua del mare è ora un muro che protegge il popolo “a destra e a sinistra”. E la strada è asciutta e spettacolare, una meraviglia inaspettata.
Da questa esperienza nasce il grande canto del mare che esprime la tragedia degli sconfitti con le parole dell’esultanza dei salvati. Anche noi siamo invitati, nella preghiera, ad appartenere a questo popolo di credenti che è entrato nella morte del mare ed è uscito nell’esultanza della vita; che è passato dalla paura alla capacità di fidarsi e di credere.

PER ANDARE IN PROFONDITÀ

• Ciò che mi fa paura rappresenta una prova: come saprei affrontarla?
• Anch’io posso cantare i prodigi del Signore, quando…


PER ALZARE LO SGUARDO

Cantiamo al Signore
perché grande è la sua misericordia.
Il suo sguardo d’amore,
di amore infinito e penetrante,
ha scacciato le tenebre della paura
e ha disegno una via sugli abissi.
Cantiamo al Signore
perché ha lasciato che i nostri passi di credenti,
di donne e di uomini del nostro tempo,
ricalcassero le orme di questa infinita storia d’amore.
Tu sei il Signore, noi siamo tuo popolo.
Amen. Alleluia.

A cura di Isa Santambrogio

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