Una gioventù cristiana nuovissima
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Mentre ci avviciniamo alla beatificazione del cardinal Montini, papa Paolo VI, vogliamo comprendere la via cristiana che egli ha proposto ai giovani ambrosiani durante il suo episcopato e, in loro, alla gioventù in generale. Come Ausiliarie Diocesane, impegnate anche nella pastorale giovanile, ci lasciamo interrogare dal suo pensiero.
Ciò che ha mosso e guidato l'Arcivescovo Giovanni Battista Montini nel suo impegno a favore della pastorale giovanile, negli anni dell'episcopato milanese è stata la ferma convinzione di dare vita ad una gioventù cristiana nuovissima, capace di rigenerare dall'interno la società secolarizzata e in piena trasformazione e sanare così la frattura tra la Chiesa e il mondo, tra la fede e la cultura.
L'istituzione religiosa che, di fatto, aveva controllato per lungo tempo le strutture di base della società, segnandone la vita quotidiana, le feste, le leggi morali, le pratiche e divenendo l'elemento centrale della cultura, negli ultimi secoli aveva perso progressivamente il suo ruolo e la sua posizione di supremazia nella società civile.
Le scienze e la tecnica, negli anni del "boom economico", avevano assunto nella mentalità comune un ruolo sempre più preminente.
Benchè gli effetti della secolarizzazione fossero, negli anni dell'episcopato milanese, ancora piuttosto limitati, Montini volle portare avanti un'azione pastorale decisa, considerando il mutare dei tempi come occasione propizia di purificazione della fede e di superamento della concezione alternativa del rapporto fra Dio e l'uomo, tra ciò che è spirituale e ciò che è materiale.
L'azione pastorale di Montini è stata diretta a conciliare obbedienza alla tradizione e apertura al nuovo, conservazione del patrimonio della fede e dialogo aperto con la cultura moderna.
Oggi come allora, educare i giovani secondo questi intenti non è un compito facile, tentati come sono di esteriorità e superficialità, e di accoglienza solo quello che immediatamente soddisfa. I giovani preferiscono vivere istintivamente, senza troppi condizionamenti. Guardano alla religione, alla preghiera come a qualcosa che si accosta alla loro vita, senza penetrarvi, anzi frammentandola. Considerano la Chiesa capace solo di dire dei no e di chiudere ogni spazio di dialogo con le realtà del mondo: nel campo dell'arte, della cultura, della storia, della vita sociale. Solo apparentemente i giovani appaiono felici, ma in realtà sono assaliti dalla noia, lamentano il vuoto interiore, la solitudine, si scoraggiano facilmente e rifiutano di accogliere la dimensione del sacrificio come via di crescita e di formazione, preferendo la logica del minimo sforzo, nella conquista di una felicità di breve durata, ottenuta a poco prezzo.
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