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“Sei udente?”. Una domanda così non me l’aveva mai fatta nessuno e non mi ero mai trovata in minoranza rispetto a una lingua, anche se da giovane ho fatto esperienze all’estero per consolidare la conoscenza delle lingue straniere e sono affascinata da diversi linguaggi.
Questa domanda me l’ha fatta un sabato di marzo
Elisabetta, donna sorda, ai laboratori del
Seminario promosso dalla CEI su
disabilità e appartenenza alla comunità cristiana. Me l’ha posta in lingua italiana dei segni, di cui conosco solo le basi per la "sopravvivenza". Me l’ha fatta a quello che pensavo fosse un laboratorio di buone pratiche per la catechesi con i sordi e, invece, mi sono ritrovata in mezzo a un gruppo di persone che parlavano
un’altra lingua. Provenienti da tutta Italia, si sono confrontate sulle tematiche della mattina: diversità e differenze come ricchezza per il cammino sinodale; la parrocchia accogliente, tra attese e responsabilità.
Man mano che che entravano nel salone, le persone, tutte sorde, si scambiavano la notizia che c’era una persona diversa, “udente”. E si affrettavano per capire se sarebbe venuta all’incontro anche l’interprete. Capita la situazione, mi sono sentita improvvisamente all’estero ma subito accolta, senza percepire distanze né differenze. Ero in grado di dire qualcosa: tutto il resto, per comprenderci, lo hanno fatto loro. Mi sono venuti incontro con tante parole nuove, molta dattilologia (per semplificare la comprensione), tanti sorrisi e un gran desiderio di comunicare.
E così è stato fino all’arrivo dell’interprete: Beatrice. Ho avuto bisogno di lei sia per capire le loro riflessioni, sia per condividere la mia opinione, che mi hanno chiesto. Non avevo nulla da insegnare ma ricordo di aver detto tre cose: il racconto della mia inadeguata ma appassionata esperienza di catechesi con bambini sordi della parrocchia; come mi aveva molto colpito, durante il lockdown del covid, che in TV gli interpreti per i sordi fossero delle figurine minuscole sullo schermo, come se la disabilità ti mettesse in un angolo; infine, che non c'è più tempo da perdere ma bisogna iniziare insieme, subito.
Di lì a qualche giorno sarebbe iniziato un corso di sensibilizzazione sulla sordità e sulla LIS organizzato dalla Consulta diocesana “Comunità cristiana e disabilità": le insegnanti sarebbero state proprio Beatrice ed Elisabetta!
Ci siamo così riviste le settimane successive nella parrocchia Gesù a Nazareth di Milano dove, in questo anno pastorale, una delle Messe domenicali era segnata in LIS. Il corso prevedeva la partecipazione di sole 20 persone… ebbene: eravamo almeno il doppio, tanto è stato l’interesse dei parrocchiani udenti (anche molto giovani) e di altri che venivano da lontano, come me e alcune catechiste.
A conclusione del percorso, domenica 25 giugno ho partecipato alla mia prima Messa con intreprete LIS e al pranzo comunitario con attività nel pomeriggio. La Messa è stata accessibile in tutte le sue parti, dalle letture alle orazioni ai... canti! Non qualcosa da "vedere", ma una vera e propria "con-celebrazione" da parte di tutti.
Mi chiedevo poi come sarebbe stato il pranzo: tutto in silenzio? Ci saremmo capiti? Inizialmente, sia noi udenti che i sordi, ci siamo seduti ai tavoli suddivisi per "disabilità": chi non segnava e chi non sentiva... Quando Beatrice ci ha mescolati, è iniziata la Pentecoste! Dai primi "Come si segna la parola...?" siamo arrivati ai racconti profondi. Porto nel cuore le emozioni di una mamma per il matrimonio del figlio; quelle di un papà che ha varcato la soglia della parrocchia per chiedere il Battesimo del bambino; la condivisione della fatica per la morte dei genitori a causa del covid; le difficoltà dello smartworking; le soddisfazioni nello sport; la catechesi itinerante in Diocesi e i progetti per il nuovo anno pastorale. Storie di (stra)ordinaria santità. E che dire di quando portavamo la mascherina? Una vera e propria barriera! Il volto, con le sue espressioni e la lettura del labiale, è molto importante per comunicare con e fra persone sorde.
Queste esperienze, ma soprattutto le persone incontrate, non mi hanno mai fatta sentire né straniera né ospite, ma familiare. In minoranza. Diversa. Accolta. “O tutti, o nessuno”: mi sento a casa in questa Chiesa!
Barbara Olivato
Comunità pastorale S. Teresa di Gesù Bambino, Desio