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n. 6: La proclamazione del Vangelo

Proposizione 6: LA PROCLAMAZIONE DEL VANGELO

Dio, nostro Salvatore, vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità (cfr 1 Tm 2,4). Siccome la Chiesa crede in questo piano divino della salvezza universale, essa dev’essere missionaria (cfr Evangelii Nuntiandi 14, CCC 851). Essa sa anche che “quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa ma che tuttavia cercano sinceramente Dio e coll’aiuto della Grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà di Lui, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna (Lumen Gentium 16). Il Vangelo di Gesù Cristo è la proclamazione della sua vita e del mistero pasquale, della sua passione, morte, risurrezione e glorificazione. Il Concilio ci ricorda, tuttavia, che l’evangelizzazione è necessaria per la salvezza di tutti, poiché “molto spesso gli uomini, ingannati dal maligno, hanno errato nei loro ragionamenti e hanno scambiato la verità divina con la menzogna, servendo la creatura piuttosto che il Creatore (cfr Rm 1,21 e 25), oppure, vivendo e morendo senza Dio in questo mondo, sono esposti alla disperazione finale. Perciò la Chiesa per promuovere la gloria di Dio e la salute di tutti costoro, memore de comando del Signore che dice “Predicate il Vangelo ad ogni creatura” (Mc 16,15), mette “ogni cura nell’incoraggiare e sostenere le missioni” (Lumen Gentium 16).

 

L’amore di Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo, che si vuole comunicare tutto e donare agli uomini la sua Vita divina (figli nel Figlio), chiede alla Chiesa uno slancio nuovo, un nuovo atto di fiducia nello Spirito che la guida, perché torni ad assumere con gioia e fervore il compito per il quale Gesù ha inviato i suoi discepoli: l’annuncio del Vangelo (Mc 16,15) la predicazione del Regno (Mc 3,15). Ancor di più occorre che ogni cristiano si senta interpellato da questo comando di Gesù, si lasci guidare dallo Spirito nel rispondere ad esso, secondo la propria vocazione. In un momento in cui la scelta della fede e della sequela di Cristo risulta meno facile e poco comprensibile, se non addirittura contrastata e avversata, aumenta il compito della comunità e dei singoli cristiani di essere testimoni e araldi del Vangelo, come ha fatto Gesù Cristo, per proclamare l’altissima dignità della persona umana, sia nella pienezza dell’umano sia nell’eredità promessa della figliolanza divina. La logica di un simile comportamento ce la suggerisce l’apostolo Pietro, quando ci invita all’apologia, a rendere ragione, a “rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1 Pt 3,15). Una nuova stagione per la testimonianza della nostra fede, nuove forme di risposta (apo-logia) a chi ci chiede il logos, la ragione della nostra fede, sono le strade che lo Spirito indica alla Chiesa: per rinnovare noi stessi, per rendere presente con maggiore incisività nel mondo in cui viviamo la speranza e la salvezza donataci da Gesù Cristo. Si tratta come cristiani di imparare a rispondere “con dolcezza e rispetto, con una vera retta coscienza” (1 Pt 3,16), con quella forza mite che viene dall’unione con Cristo nello Spirito e con quella determinazione di chi sa di avere come meta l’incontro con Dio Padre, nel suo Regno. Inoltre il Concilio ci ricorda che “spesso, rifiutando di riconoscere Dio quale suo principio, l’uomo ha infranto il debito ordine in rapporto al suo ultimo fine, e al tempo stesso tutto il suo orientamento sia verso se stesso, sia verso gli altri uomini e verso tutte le cose create” (GS n. 13,1). Paolo VI nella Evangelii Nuntiandi al n. 14 afferma: “Evangelizzare tutti gli uomini costituisce la missione essenziale della Chiesa . Evangelizzare è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare”.

Maria Grazia R.

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