Verso la desiderata definitività dell'appartenenza

DelpiniEcco l'omelia di Mons Delpini alla S. Messa nel rinnovo dei voti di Giovanna, Maria, Giusy e Paola (Seveso, 1 dicembre 2012)


 1.Voi che siete affaticati e oppressi.

Forse Gesù parla di affaticati e oppressi perché sa che la vita qualche volta stanca, di una stanchezza che non è solo fisica per il troppo lavoro, non è una stanchezza che passa con una notte tranquilla, non è una stanchezza che trova soluzione in un giorno di riposo.

La vita qualche volta stanca perché sembra di lavorare per niente, di seminare senza vedere germogli, di proporre senza trovare risposte, di affaticarsi e di essere sempre inadeguati alla missione ricevuta, la stanchezza della frustrazione.

La vita qualche volta stanca perché si ha l’impressione di incontrare ostacoli proprio là dove ti aspetteresti in un aiuto: ti stancano i collaboratori perché invece che di entusiasmo ti circondano di scetticismo e di resistenze, ti stancano le consorelle perché invece che di amicizia e comprensione ti danno messaggi di scontento, di invidia, di indifferenza, ti stanca la Chiesa, perché invece di essere giovane ti sembra vecchia, invece di essere santa ti sembra segnata da troppi peccati, ti stanca la gente, perché sembra che pretenda da te tutto, ogni genere di servizi e di prestazioni, tutto,  eccetto quello che tu puoi dare, la testimonianza di una vita consegnata al Signore. La stanchezza del risentimento.

La vita qualche volta stanca per il peso delle tue inquietudini, delle ambizioni che non trovano adeguato compimento, di una immagine di te che non viene capita, di una femminilità che non riesce a esprimersi, di un disagio complessivo nei confronti della vita che resta indecifrabile. La stanchezza dell’umanità incompiuta.


2.Cercare sollievo.

Chi è affaticato e oppresso cerca un ristoro. La tentazione è quella di cercare ristoro per strade sbagliate. 

Cercano ristoro alla stanchezza della frustrazione cercando un impossibile altrove. È il contesto che mi stanca perché non mi capisce, perché non mi apprezza, perché non mi valorizza: quindi per trovare riposo ho bisogno di un altro contesto. Sono come quelli che passano di casa in casa: non troveranno mai la casa che fa per loro.

Cercano ristoro alla stanchezza del risentimento colpevolizzando gli altri. Si riposano nella critica, si riposano coltivando la mormorazione nella cerchia di chi dà loro ragione, si riposano nell’asprezza del rimprovero e nella caparbietà con cui insistono per il loro punto di vista e per il loro protagonismo stonato e isolato. Sono come quelli che ritengono di essere a posto solo perché giudicano gli altri peggiori di loro stessi.

Cercano ristoro all’umanità incompiuta concedendosi evasioni, erigendo barriere difensive: cercano sollievo e difendono la loro vita privata dal discernimento spirituale, cercano compensazioni in affetti ambigui, si costruiscono percorsi che ritengono originali solo perché sono strani. Sono come quelli che non potendo giustificarsi ritengono ingiustizie tutte le correzioni e ingiustificati i rilievi critici.


3.“Venite a me!”.

Noi celebriamo come una festa la decisione di queste nostre sorelle di rinnovare i voti di consacrazione ed esprimiamo la nostra gratitudine perché queste nostre sorelle attestano con la loro gioia e il loro desiderio di continuare il cammino verso la consacrazione definitiva che c’è una sola direzione promettente per trovare ristoro. Esse professano la loro fede rispondendo al Signore che le chiama: Venite a me, io vi darò ristoro. Andate al Signore, perché Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, perché vi ama.

Possiamo domandarci in che modo si sperimenta il ristoro offerto da Gesù, in che modo di manifesta l’amore di predilezione del Signore.

La Parola di Dio ci aiuta a intuire la ragione della loro gioia, che forse tutta si riassume nell’invito di Paolo: Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù!

Questa espressione dice: andate fino al cuore! Non fermatevi prima di essere così totalmente unite a Gesù da avere in voi i suoi stessi sentimenti.

La consacrazione nell’Istituto delle Ausiliarie Diocesane non è solo l’appartenenza a un istituto, l’inserimento in un gruppo, in una trama di relazioni che incoraggiano, danno sicurezza, offrono amicizia ed esempi edificanti: andate al cuore! Ospitate i sentimenti di Gesù che rendono possibile vivere la vita comune come una dedizione, non come una pretesa, che rendono possibile guardare ogni sorella con lo sguardo benevolo, la tenerezza premuroso, la stima profonda con cui le guarda Gesù

La consacrazione non si riduce all’assunzione di un ruolo, sia pure del nobilissimo servizio alla Chiesa diocesana nelle sue imprese di frontiera, nelle sue responsabilità per il Vangelo di fronte a questa generazione: andate al cuore! Ospitate i sentimenti di Gesù che insegnano un amore alla Chiesa disposto al sacrificio per renderla santa e immacolata, una disponibilità  a essere come colui che serve, senza rivendicazioni di potere, lieto solo di far crescere gli altri, una fiducia incrollabile nell’opera che il Padre compie così da non lasciarsi troppo ferire dal rifiuto o troppo affliggere da un fallimento.

La consacrazione non si riduce a trovare una sistemazione per la propria vita: andate al cuore. Ospitate i sentimenti di Gesù per giungere alla piena maturità di Cristo, per vivere una libertà matura, lieta, povera, per imparare a praticare un amore adulto che sia fedele, casto, libero, per farsi carico di responsabilità come persone che siano affidabili, umili e serene, fiere di poter dire agli altri: “potete contare su di me, perché io mi affido totalmente a Dio e mi lascio ispirare dalla sapienza che viene dall’alto.

Gli stessi sentimenti di Gesù, quell’appartenenza che configura l’interiorità profonda, il sentire intimo, là dove ciascuno è solo di fronte a Dio, questo sia il consacrarsi per cui oggi facciamo festa e ringraziamo queste nostre sorelle Giovanna, Maria, Giusy, Paola.

mons. Mario Delpini
Vicario Generale
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