Ingressi 3 - Dio entra nella cultura
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Dio non ha la presunzione di parlare dall’alto dei cieli; Dio non ha nemmeno la pretesa che noi capiamo dei discorsi di cielo (Gv 3,12)… tanto che quando Dio, in Gesù, vuole parlarci del Regno, non ci parla di cosmologie angeliche o di altri mondi, ma ci parla di granelli di senepa e alberi ospitali (Mc 4,30-32) o di tesori nascosti (Mt 13,44), oppure ci parla di contadini (Lc 7,5), di pescatori (Mt 13,47). Gesù parlava agli uomini del suo tempo, alla cultura del suo tempo. Vorrei azzardare che Gesù osservando quel campo che biondeggiava per la mietitura, abbia percepito più profondamente l’avvicinarsi della sua ora (Gv 4,35): lasciava che la cultura del suo tempo, le sue scoperte e le sue conquiste lo aiutassero nello svelare il mistero di Dio.
Dio nel movimento di avvicinamento a lui – come ama dire papa Francesco – «ci primea» sempre, ci precede, entra, assume il linguaggio, si converte a noi, alla nostra cultura, al nostro stile di vita – che cos’è cultura se non il nostro stile di vita – per amarlo per cambiarlo da di dentro e per rinnovarlo.
Giovanni XXIII, grande pastore della chiesa intuì che la Chiesa aveva anche lei bisogno di assecondare il suo Signore in questo movimento di incontro nel discorso e nel discorso di apertura al concilio Vaticano II pronunciò delle parole fortissime: è necessario che questa dottrina certa e immutabile, che deve essere fedelmente rispettata, sia approfondita e presentata in modo che risponda alle esigenze del nostro tempo. Altra cosa è infatti il deposito stesso della fede e altra cosa è la forma con cui esse vengono annunciate (Gaudet Mater Ecclesia). Fedeltà al deposito della fede ma anche alla forma, non così neutra per l’annuncio! Fedeltà alla dottrina e fedeltà all’uomo.
Da quel giorno la Chiesa seguendo il suo Signore non ha più potuto pensarsi fuori dal mondo, ma profondamente impastata con esso, profondamente inquieta- come la vuole papa Francesco-, da quel giorno la Chiesa ha intuito di non avere un unico modello culturale, bensì restando pienamente fedele a se stessa, nella totale fedeltà all’annuncio evangelico e alla tradizione ecclesiale, porterà anche il volto delle tante culture e dei tanti popoli in cui è accolto e radicato (Evangelii Gaudium 116).
Da quel giorno la chiesa ha iniziato un dialogo incessante con la cultura, l’ha umanizzata, si è fatta prestare forme efficaci per l’annuncio dell’evangelo per arrivare a tutti ed incredibilmente ha scoperto che la cultura, la vita dell’uomo in ricerca di verità, giustizia e pace, la aiuta a rimanere fedele a se stessa e profondamente in ricerca dell’uomo. Con un’immagine mirabile dell’Evangelii Gaudium la cultura è l’acqua trasformata in vino. È ciò che, una volta assunto, non solo viene redento, ma diventa strumento dello Spirito per illuminare e rinnovare il mondo (EG 132).
Roberta Casoli, ausiliaria dal 2003
è impegnata nella comunià pastorale «Profeti» di Milano (centro storico)
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