Avvento 2016/5: In attesa di consolazione - Betsabea
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Il riferimento è il suo primo marito, ucciso dal re Davide perché, invaghitosi di lei, voleva possederla senza “perdere la faccia”. Una donna resa “oggetto” dunque; “storia” comune a tante donne; storie che, purtroppo, conosciamo bene.
Di lei nulla si dice nella Bibbia riguardo i suoi sentimenti (e questo non è strano) ma neppure riguardo il suo “valore”, o meglio: le sue “virtù”.
Anzi, se volessimo riassumerne i tratti che vengono rilevati nei pochi passi in cui appare, potremmo dire: donna che non si oppone agli eventi, ingenua e manipolabile.
Se non fosse stata spinta dal profeta Natan a rivendicare presso Davide il trono per il figlio Salomone (secondo la promessa di Dio), forse avrebbe lasciato che Adonia si facesse re (cf 1 Re 1,11 ss.). Poco protagonismo e spirito di iniziativa.
Se Salomone non si fosse accorto del tranello che Adonia voleva tenderle, chiedendole un favore che si stava apprestando ad accordargli (cf 1 Re 2, 12 ss.), Betsabea sarebbe stata vittima di un ennesimo grande dolore: non vedere suo figlio sedere sul trono, orse l’unica gratificazione che le era stata riservata. Ignoranza o assenza totale di furbizia e scaltrezza.
Di lei sicuramente si sa che è una donna fortemente provata dalla vita: la perdita del marito prima, ucciso da colui che si sarebbe poi “imposto” come secondo marito; la perdita del primo figlio poi, senza averne colpa alcuna. Quale dolore può essere più grande per una madre?
Donna per la quale solo Dio si è posto come “avvocato” e consolatore; donna che - di fatto, forse senza neppure consapevolmente sceglierlo - ha consegnato a Lui la difesa dei suoi diritti e della sua dignità.
Donne come, probabilmente, ce ne sono molte anche oggi e delle quali Dio certamente non si dimentica.
Mitzi Mari, in servizio presso la parrocchia S. Bovio in Peschiera Borromeo
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