2 - LA (STRA)ORDINARIA ATTESA di un figlio
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Conosco Sara da qualche anno, da quando è arrivata a scuola con il suo sorriso per insegnare Lingue straniere. Ha 36 anni. Viene da un’esperienza in una grande città e la sua famiglia vive lontano. Con lei e con altre colleghe condivido la pausa pranzo. Attorno al tavolo, con un thermos e un panino, settimana dopo settimana ci si racconta…
Verso la fine dello scorso anno scolastico, in una di queste brevi pause, si tocca il tema del matrimonio e dei figli. Ciascuna porta la sua esperienza. Io ascolto e mi limito a raccontare qualche “sentito dire”. Sara è silenziosa. Non ha figli. “Si è sposata da poco” – penso io. Ma ad un certo punto non riesce a trattenere un’emozione grandissima, fatta di lacrime e di nessuna parola. Sara si scusa e anche noi, che pensiamo di averle fatto del male lasciandoci trascinare da quell’argomento vitale. Ma forse quello è il luogo e il momento adatto per condividere la vita. Intuisco che sta vivendo un’attesa faticosa, dove forse non vede speranza. Subito mi viene in mente Anna della Bibbia…
I giorni seguenti non ne parliamo più, concludiamo la scuola e arriviamo agli esami di terza media. Arrivano finalmente le vacanze estive e ci diamo appuntamento a settembre. Durante l’estate le scrivo un messaggio per salutarla. Non è la solita Sara, solare, quella che mi risponde. Concludo che deve essere indaffarata per rispondermi sbrigativamente, poiché dopo tanti mesi è tornata finalmente dalla sua famiglia di origine.
Qualche giorno dopo è lei a scrivermi un messaggio: è in attesa di un figlio ma… la gravidanza è a rischio. Inizio a pregare per lei e per la vita che porta in grembo.
Siamo rimaste in contatto. A settembre non è rientrata a scuola perché ha trascorso una parte della gravidanza con la sua famiglia, a letto, ma senza il marito, che nel frattempo è rientrato al lavoro. Da qualche settimana l’ha raggiunto nella loro casa perché, dopo i primi mesi rischiosi per il bambino, ha potuto affrontare il lungo viaggio di ritorno. È contenta, deve riguardarsi fino al giorno del parto ma sta gustando la seconda attesa: quella del compimento.
Ascoltiamola:
Quando ho appreso di aspettare un bambino sono stata immediatamente colta dalla gioia, un sentimento di incredulità e di euforia mi ha stravolto per qualche giorno. Poi, durante le vacanze estive, è arrivata la notizia di una gravidanza a rischio che mi impediva di tornare alla mia vita quotidiana in cui la vicinanza di mio marito e la presenza del lavoro riempivano le mie giornate. Tutto da ricalcolare, un nuovo modo di vivere la quotidianità, fatta di riposo assoluto e attenzione a ogni piccolo movimento. Ed ecco che la gioia ha pian piano lasciato il posto alla paura, a un senso di protezione assoluto per quella vita che cercava con tutte le forze di farsi spazio e che non aveva altro che me per farsi scudo dalle difficoltà. Dopo qualche mese, tra cure mediche e riposo, le cose sono iniziate a migliorare, ma da allora non riesco a vivere questo momento solo con gioia. Ogni tanto, sottovoce, la paura ritorna... Mi lascio prendere da pensieri pesanti, fatti di domande a cui non so rispondere: sarò in grado di dare il meglio di me? Sono abbastanza forte per vivere questo momento con serenità, senza trasmettere ansia al mio piccolino? Ho desiderato tanto questo momento eppure mi sento impreparata. È in questi momenti che trovo sempre la forza e la serenità nelle persone che sanno starmi accanto, in mio marito, nella mia famiglia e nelle amiche che riescono ad essere presenti anche nella distanza. È in questi momenti che, non dimenticando di sollevare lo sguardo al Cielo, mi rendo conto che l'affetto e l'amore delle persone care riesce a darmi una carica di cui ho bisogno. Ed è sempre lì che trovo la chiave di tutto…
Il Signore ascolti ed esaudisca
la preghiera di chi attende
a lungo e con fatica
che l’amore si faccia carne.
Barbara Olivato
Comunità pastorale S. Teresa di Gesù Bambino, Desio
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