AVVENTO/5: sperare con due atleti paralimpici, Giulia Terzi e Stefano Raimondi
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Giulia e Stefano (nella foto gentilmente concessa da loro) sono due giovani innamorati che da qualche mese sono diventati genitori di Edoardo, un bellissimo bambino e sono per me cari amici di famiglia.
La loro storia però non è conosciuta solo da chi li frequenta da vicino, ma appartiene, in un certo senso, a tutto il mondo: Giulia Terzi e Stefano Raimondi - questi i loro nomi per esteso - sono due campioni paralimpici di nuoto, che anche quest’anno a Parigi, hanno vinto parecchie medaglie nella loro specialità.
Fin da bambina, Giulia ha esercitato lo sport a livello agonistico, nel campo della ginnastica. Poi, dopo aver subito tre interventi con importanti coinvolgimenti midollari, a causa di una pesante forma di scoliosi congenita, ha smesso di camminare. Nel 2018, all’età di 23 anni, il neurochirurgo le ha indicato il nuoto come unico sport praticabile e come rimedio per non rimanere sempre inchiodata alla carrozzina.
Dopo un inizio forzato e poco motivato in questo campo, Giulia ha conosciuto la realtà paralimpica e vi si è appassionata tanto che, in poco tempo, è entrata a far parte della squadra nazionale paralimpica di nuoto. Quando le chiedo di raccontarmi la sua esperienza, lei mi confida che, prima del consiglio del medico, è stata importante la sua famiglia che l’ha sempre sostenuta e la sostiene tuttora, nella sua lotta e nel suo spirito agonistico.
Stefano, in moto, a 15 anni fa un incidente con un camion e ne esce con una gamba rovinata, a rischio amputazione, che per miracolo i medici dell’ospedale di Verona riescono ad evitare.
Campione di nuoto, già inserito nella squadra nazionale dei normodotati, si lascia molto demoralizzare dalla situazione intercorsa e, proprio mentre pensa di lasciare tutto, conosce a Verona la squadra paralimpica, comincia ad allenarsi con loro e nel 2017 entra a farne parte. “Puoi lasciare tutto solo dopo aver tentato di continuare”: così gli disse sua madre, poco prima, e determinanti per lui furono queste parole, quasi come la parola profetica che oggi leggiamo dal Libro di Isaia e che invita ad avere fiducia, anziché battere in ritirata nella ricerca di porti sicuri per la propria vita.
Isaia apre le porte del nostro cuore alla misericordia del Signore, il quale certo non ci abbandonerà a versare lacrime sulle nostre condizioni di salute e di rapporti malati. Il Signore si prenderà cura di noi, e i nostri occhi potranno vedere il suo volto di luce nella quotidianità, nella nostra storia personale, nella comunità cristiana, ma anche nel mondo che ci circonda, dove Lui non fa mancare mai la presenza di testimoni di speranza.
Giulia e Stefano -supportati dalle famiglie e dagli amici da cui sono circondati e che sono davvero molti- hanno la grinta di chi spera, lotta e non demorde e incarnano, forse senza saperlo, la beatitudine della speranza. Certamente sono, come tanti altri campioni paralimpici, un esempio a cui guardare per non lasciarsi abbattere dalle vicende avverse della vita e per credere che ciascuno è chiamato a dare un senso alla propria esistenza.
Mariangela Possenti
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