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VIAGGIO DEL PAPA IN IRAQ: Scorgere ovunque la fedeltà delle tue promesse

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È stato proprio il Grande Imam Ahmed Al-Tayyeb, leader dell’Islam sunnita, con il quale il Papa ha firmato nel 2019 la Dichiarazione sulla fratellanza umana, a incoraggiare su Twitter il viaggio in Iraq del ‘suo fratello il Papa’, come lui stesso lo definisce. Si è trattato di un momento storico, un segno di speranza, un ulteriore passo nel cammino del dialogo interreligioso con l’altra metà del cielo islamico, quello sciita. Lo vediamo qui nella foto di Vatican News alla preghiera interreligiosa.

È il primo viaggio del Papa nel mondo trasformato dalla pandemia e in un Iraq con casi di Covid-19 ancora in forte aumento. Il momento è complicato però anche per altre ragioni: solo pochi giorni prima dell’arrivo del pontefice vi era stato il lancio di razzi contro la base americana Ain al-Asad, nella provincia nordoccidentale di Anbar, che ospita la coalizione anti-Isis ancora presente nel Paese. Qualcuno lo definisce non solo un viaggio storico, ma anche rivoluzionario. Il messaggio del Papa, “Siete tutti fratelli”, sfida lo scenario iracheno attuale: la presenza sciita (le milizie filo-iraniane); quella islamista dell’Isis; le potenze esterne (Turchia, Russia e Cina); i conflitti etnici che dal 2003, allo scoppio della guerra contro Saddam Hussein, hanno causato atti terroristici, persecuzioni, e una crescente crisi economica e sociale che ha portato tanti iracheni cristiani e musulmani a lasciare il paese in una migrazione senza sosta; la comunità cristiana decimata anche a causa dell’Isis: da un milione e mezzo nel 2003 ai 400mila fedeli presenti oggi. 
In tale quadro complesso e articolato si situa questo viaggio, i cui assi portanti sono dunque l’incontro con la comunità cristiana, il dialogo con l’Islam, la riflessione sulla crisi politica in cui l’Iraq combatte da decenni. Andando più in profondità, si scorge il desiderio dei leader religiosi cristiani e musulmani di tentare di coniugare diritti civili e libertà religiosa, visione spirituale e convivenza in nome di una pace non formale ma praticata e vissuta. «In questi anni l’Iraq ha cercato di mettere le basi per una società democratica. È indispensabile in tal senso assicurare la partecipazione di tutti i gruppi politici, sociali e religiosi e garantire i diritti fondamentali di tutti i cittadini. Nessuno sia considerato cittadino di seconda classe. Incoraggio i passi compiuti finora in questo percorso e spero che rafforzino la serenità e la concordia». Sono le parole di Papa Francesco rivolte alle autorità politiche e civili del paese, pronunciate appena arrivato a Baghdad accolto dal presidente Barham Ahmed Salih Qassim. 
Al cuore del viaggio l’incontro a Najaf – senza precedenti nella storia – con il grande ayatollah ‘Ali Al-Sistani, una delle massime autorità dell’Islam sciita, riconosciuto da molti iracheni e fedeli sciiti non solo come leader religioso e guida spirituale, ma anche per la determinazione con cui è intervenuto nelle questioni politiche più dibattute degli ultimi vent’anni in Iraq segnando passi decisivi e cambiamenti di rotta nella storia del paese. Nell’incontro, come si evince dal comunicato stampa, Papa Francesco ha sottolineato l’importanza della collaborazione e dell’amicizia fra le comunità religiose perché, «coltivando il rispetto reciproco e il dialogo, si possa contribuire al bene dell’Iraq, della regione e dell’intera umanità». Egli ha inoltre ringraziato Al-Sistani per essersi impegnato, insieme alla comunità sciita, «in difesa dei più deboli e perseguitati». Al-Sistani da parte sua ha voluto assicurare il proprio impegno affinché «i cittadini cristiani vivano come tutti gli iracheni in pace e sicurezza, con tutti i loro diritti costituzionali».
L’incontro ha un forte valore simbolico anche per come è avvenuto e per quei gesti che, da parte di entrambi e oltre ogni formalità, significano la stima reciproca.
Il Papa si è poi diretto a Nassiriya per l’incontro interreligioso nella piana di Ur dei Caldei. Commovente il suo discorso nel luogo delle nostre origini, alle sorgenti dell’opera di Dio, dove Abramo sentì la chiamata di Dio e iniziò quel viaggio che avrebbe cambiato la storia. «Dio chiese ad Abramo di alzare lo sguardo al cielo e di contarvi le stelle (cfr Gen 15,5). In quelle stelle vide la promessa della sua discendenza, vide noi. E oggi noi, ebrei, cristiani e musulmani, insieme con i fratelli e le sorelle di altre religioni, onoriamo il padre Abramo facendo come lui: guardiamo il cielo e camminiamo sulla terra.»
Il premier iracheno, Mustafa al-Kadhimi, a seguito dell'incontro di Francesco con l'ayatollah al-Sistani e del successivo raduno interreligioso a Ur, che ha definito "storici", ha dichiarato il 6 marzo Giornata nazionale della tolleranza e della coesistenza.
Il viaggio del Papa è continuato a Baghdad dove ha celebrato la messa in rito caldeo – la prima volta per un pontefice – nella Cattedrale di San Giuseppe. Il giorno dopo, a Mosul, abbiamo assistito ad un altro momento significativo e profondo, quando Francesco ha pregato per le vittime della guerra. Riconoscendo come la moschea Al-Nouri, con il suo minareto Al Hadba, e la chiesa di Nostra Signora dell’orologio sono luoghi simbolici, che testimoniano il perenne desiderio dell’umanità di avvicinarsi a Dio, Papa Francesco ha pregato perché impariamo a comprendere che Dio ha affidato a noi il Suo disegno di amore, di pace e di riconciliazione, perché lo attuassimo nel tempo, nel breve volgere della nostra vita terrena. «Facci comprendere che solo mettendolo in pratica senza indugi si potranno ricostruire questa città e questo Paese, e si potranno risanare i cuori straziati dal dolore.» Ha parole per le vittime e per i persecutori, perché tutti possano essere toccati dalla potenza della Misericordia di Dio. 
Il viaggio del papa in Iraq è stato importante per molte ragioni politiche e religiose ma, fra tutte, forse la più importante è quella di aver strappato la regione alla rassegnazione dei conflitti e del sangue, del terrorismo e della legge dell’ingerenza del più forte, dell’impotenza della diplomazia e del diritto. Francesco ha dato un forte messaggio di speranza, non soltanto compiendo un passo storico nel dialogo interreligioso, ma soprattutto riaffermando quei princìpi di parità tra tutte le componenti etniche, sociali e religiose del Paese. Principi che trovano fondamento sulla cittadinanza. Ciò che è ancora più significativo è il fatto che in questo desiderio e in questo cammino è stato accompagnato dallo stesso Al Sistani, segno di un desiderio condiviso. 
Ti chiediamo, Dio del nostro padre Abramo e Dio nostro, di concederci una fede forte, operosa nel bene, una fede che apra i nostri cuori a Te e a tutti i nostri fratelli e sorelle; e una speranza insopprimibile, capace di scorgere ovunque la fedeltà delle tue promesse. (Preghiera nella Piana di Ur)
Giusy Valentini
Parrocchia beata Vergine in Bruzzano,
Ufficio Ecumenismo e Dialogo interreligioso Diocesi di Milano

 

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