Due giorni di formazione sulla pastorale vocazionale
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Provare a fare sintesi delle tante sollecitazioni raccolte durante la “ due giorni” di formazione sulla pastorale vocazionale non risulta di certo semplice; scelgo così di rileggere le conclusioni per “riaprire” le tante provocazioni ricevute e soffermarmi almeno su alcune. La prima, fondamentale: la vita è vocazione. Tutta la vita e tutte le vite, semplicemente perché ogni esistenza si realizza rispondendo alla voce del Signore che chiama. La vita è un bene ricevuto che tende, per sua natura, a divenire bene donato; questo dovrebbe essere il modo normale con cui guardare all’esistenza.
Gesù ha guardato ogni persona in questo modo: ha sfruttato ogni relazione per far risuonare la voce del Padre che chiama. In fondo, Gesù ha messo ogni persona incontrata davanti alle sue domande fondamentali: chi sono? Che cosa devo fare della mia vita? Quale è la strada da percorrere? La sollecitazione, che è anche seconda provocazione, è quindi quella di riscoprire l’arte pedagogica di liberare le domande più profonde che, sicuramente, ciascuno si porta dentro. Anche i giovani di oggi. Si potrebbero scrivere molte pagine sulla condizione giovanile; un dato certo è che si tratta di giovani con molte risposte e poche domande. Sono abituati a sapere tutto in tempi molto veloci; occorre aiutarli a riaprire il livello della domanda, insinuando anche un poco di sana incertezza proprio per invitarli a mettersi in cammino. Certo, non sono sostenuti in questo atteggiamento dalla nostra società e, a volte, neppure dalle famiglie che spesso vedono in un percorso vocazionale particolare una sorta di ostacolo alla realizzazione della persona. Altra reale difficoltà è rappresentata dal fatto che fra i giovani è diffusa la mentalità secondo cui ogni scelta è reversibile e quindi il “per sempre” non fa parte delle loro categorie di scelta. A questo livello, come ulteriore provocazione, è ancor più interessante accogliere la sfida: essere presenti là dove si trovano i giovani, per mostrare la bellezza di quanto viviamo con una testimonianza semplice e quotidiana, che non ha paura di mostrare anche fragilità e debolezze. Vivere testimoniando di essere contente di quello che siamo e che abbiamo, portando così a scoprire la dimensione del dono e della gratuità, andando controcorrente nella nostra cultura dello scarto. Penso che le caratteristiche indispensabili della testimonianza da offrire oggi siano quelle della speranza e della gioia: provare che la vita spesa con Gesù diventa molto più piena e che con Lui è più facile trovare il senso di ogni cosa. Lasciamoci accompagnare in questa provocazione dalle parole di papa Francesco “ nel chiamare, Dio dice –Tu sei importante per Me, ti voglio bene, conto su di te.- Gesù ripete questo a ciascuno di noi! La gioia nasce nel momento in cui Gesù mi guarda; capire e sentire questo è il segreto della gioia. Sentirsi amati da Dio, sentire che per Lui noi siamo non numeri ma persone: questa è la sorgente della vera gioia!”Maria Regina Banfi, ausiliaria diocesana dal 1988;
attualmente in servizio presso il Collegio Pio XI a Desio,
collabora con il Cenacolo di Azione Cattolica
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