IL DONO E LA RESPONSABILITÀ DEL TEMPO - 45° e 40° anniversario di consacrazione
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Un anniversario così, unito ai 40 anni di altre due sorelle, Rosa e Laura, è un avvenimento che merita un’attenzione speciale. Esso infatti ci dice che l’esperienza delle Ausiliarie comincia ad avere una storia significativa, che conta un bel numero di anni, non più un piccolo germoglio, ma sta diventando un albero con una certa consistenza.
Ci dice che ci sono sorelle che da tempo sperimentano il dono totale per il servizio pastorale della Chiesa diocesana nella piena disponibilità all’arcivescovo e questo tempo trascorso e questa esperienza ormai lunga possono essere deposito di sapienza per tutte noi. E insieme chiede di assumersi la responsabilità di ripensare questa esperienza, di lasciarla illuminare dalla Parola, di cogliere il filo rosso che l’ha attraversata e l’orizzonte che dischiude, perché la sapienza non è frutto automatico del trascorrere dei giorni.
È proprio per darsi un momento di rilettura e di ringraziamento, ripercorrendo questa esperienza nella preghiera e nella condivisione che il 9 maggio abbiamo vissuto una giornata di ritiro a Concenedo, presso la casa di spiritualità Paolo VI.
A offrire degli spunti per avviare la riflessione è stato don Franco Brovelli, responsabile della casa, che ha preso le mosse da alcuni brani paolini della liturgia della Parola della settimana dopo Pasqua: una scelta particolarmente intrigante per delle Ausiliarie, che nell’incontro col Risorto a Pasqua colgono il punto sorgivo della propria vocazione. L’invito è stato a guardare la propria esperienza e cogliere come la Pasqua l’ha segnata, fatta crescere, modellata; quanto ciascuna ha camminato dietro al Crocifisso Risorto per testimoniarlo nella gioia.
Ascoltiamo allora qualcuna delle suggestioni che le sorelle hanno condiviso dopo questa giornata, unendoci al loro grazie e chiedendo al Signore che porti a compimento l’opera che ha iniziato in loro: il trascorrere degli anni trasfiguri la loro esistenza così che, in un mondo che teme il diventare anziani, possano testimoniare che la gioia della Pasqua può abitare ogni istante di vita.
Quando mi è stato detto che andavamo a Concenedo per una giornata di preghiera, ho accolto con gioia questa proposta. Ora dopo averla vissuta, devo dire grazie a don Franco e alle mie consorelle.
La giornata è iniziata con la S. Messa al Carmelo dove non potevo non ringraziare il Signore, per essermi stato accanto, ed avermi accompagnato, in questi miei 40 anni di vita donata a Lui e alla Chiesa.
È stato un momento di grazia,collocato non solo nel tempo pasquale, ma anche nel mese della Madonna, colei che mi insegna ogni giorno come amare ed affidarmi a suo figlio.
Don Franco ha fatto due momenti di meditazione. Mi ha colpito particolarmente la riflessione su 1 Cor 5, 7-8, che invita a Togliere il lievito vecchio per essere pasta nuova. La pasta come percorso della vita, il lievito come qualità della vita. Il lievito non si vede, ma da sapore, gusto alla vita. Da qui la provocazione a crescere nella capacità di dare gusto e sapore nel nascondimento. Se la vita non comunica sapore, gusto, sarebbe vita scipita. E se siamo senza sapore come fa, chi ci sta accanto, a capire che abbiamo celebrato la Pasqua?
Essere vera ausiliaria vuol dire dare sapore alla propria vita e alla vita di chi ci sta accanto.
Quanti momenti belli, ma anche meno belli! Questi ultimi, però, si possono superare con la fedeltà al Signore, che fa opere grandi in te se rimani legata a lui.
Capisco che il Signore Gesù mi chiede di dargli tutta me stessa in quello che faccio. E di farlo nell’ascolto della sua Parola: questo esprime il mio amore per Lui. Quando invece sono io che faccio e non mi fido di Lui è certo che non lo testimonio e non vivo la mia vocazione fino in fondo.
Dopo 40 anni di vita consacrata capisco che ho ancora un compito e non facile: testimoniare la gioia per dare gloria al Signore.
Questa giornata è stata innanzitutto tempo di “RENDIMENTO DI GRAZIE” collocato nel tempo pasquale! L’ho vissuto con un grazie profondo che sgorga dal cuore per l’amore fedele che il Signore Gesù mi riserva ogni giorno, purificato dal cammino della Croce che per primo ha vissuto Lui.
Un grazie che non ha sapore di “essere arrivata” per cui posso stare in pace, ma un grazie che è una ripartenza.
Non mi aspettavo una vita così, ma sento che così deve essere: non una esistenza fatta di successi, clamori, prestigio, ma “lievito nuovo” che da sapore, profuma, da gusto alla vita di consacrazione a Lui e di dedizione totale alla Chiesa Diocesana nella quale mi sento immersa e appartenente.
È una percezione sempre più nuova, sempre più profonda: ausiliaria da tanti anni, maturata nel tempo, capace di uno sguardo materno, di comprensione, di accoglienza, di misericordia perché ogni giorno mi fa dono di tutto questo Colui che mi ama per primo.
Il richiamo di don Franco all’esperienza della Croce (Fil. 2, 5-11) mi ha suscitato un’altra riflessione: faccio fatica ad ammetterlo, ma è vero, il discepolo è colui che si abbassa, non tiene le distanze, non si sente maestro! È la condizione che ha assunto Gesù stesso.
È la sollecitazione stessa che deriva dal nostro carisma: vicina alla gente, dentro alle situazioni, per camminare insieme, per condividere.
Ma non da sola: in fraternità con le Sorelle e i Preti con cui sono chiamata a collaborare.
Rodoni Angelina
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