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n. 38: L'iniziazione cristiana e la Nuova Evangelizzazione

PROPOSIZIONE 38: INIZIAZIONE CRISTIANA E NUOVA EVANGELIZZAZIONE
 
Il Sinodo vuole affermare che l’iniziazione cristiana è un elemento cruciale nella nuova evangelizzazione ed è lo strumento con il quale la Chiesa, come madre, genera i suoi figli e si rigenera. Perciò proponiamo che il processo tradizionale di iniziazione cristiana, che è spesso diventato semplicemente una preparazione approssimativa ai sacramenti venga dappertutto considerata in una prospettiva catecumenale, dando maggiore rilevanza ad una mistagogia permanente, e diventando in questo modo una vera iniziazione alla vita cristiana attraverso i sacramento (Direttorio Generale Catechesi n. 91).
In questa prospettiva, non è senza conseguenza che la situazione oggi per quanto riguarda i tre sacramenti della iniziazione cristiana, nonostante la loro unità teologica, è pastoralmente diversa. Queste differenze nelle comunità ecclesiali non sono di natura dottrinale, ma sono differenze di giudizio pastorale. Questo Sinodo tuttavia richiede che quello che il Santo Padre (Benedetto XVI) ha affermato nella Sacramentum Caritatis, diventi uno stimolo per le diocesi e le Conferenze episcopali per rivedere le loro prassi dell’iniziazione cristiana: “Concretamente, è necessario verificare quale prassi possa in effetti aiutare meglio i fedeli a mettere al centro il sacramento dell’Eucaristia, come realtà cui tutta l’iniziazione tende” (Sacramentum Caritatis n. 18).
 
Si è compreso e “messo a fuoco” la necessità di “iniziare attraverso i Sacramenti” e non solo “iniziare ai Sacramenti”. Non è certo un gioco di parole:  ormai da anni, sia nella nostra Diocesi di Milano ma anche in molte diocesi Italiane, si sono attivati itinerari sperimentali di Iniziazione Cristiana ispirati al catecumenato che “inizino alla vita cristiana” e non solo alla ricezione dei Sacramenti.
Ciò significa salvaguardare l’unitarietà della Iniziazione Cristiana. Non tre sacramenti senza collegamento, ma un’unica azione di Grazia: parte dal Battesimo e si compie attraverso la Confermazione nell’Eucaristia (vedi Rito Iniziazione Cristiana Adulti nn. 27 e 306-312, 1978; Nota CEI/2 nn. 7, 17 e 46). E’ l’Eucaristia il sacramento  che, continuamente offerto, non chiude un’esperienza, ma la rinnova ogni settimana, nel Giorno del Signore.
Anche a livello di Chiesa italiana si è dichiarato il termine delle sperimentazioni, e proprio in questi mesi, la Commissione Episcopale per la dottrina, l’annuncio e la catechesi, sta redigendo un documento di Orientamenti per la catechesi con l’intento di “occuparsi dell’atto catechistico nel suo contesto (adulti ed evangelizzazione, primo annuncio, iniziazione cristiana, formazione dei catechisti), nella consapevolezza che la catechesi non può “dire/fare tutto” e che nello stesso tempo essa rimane l’attività che maggiormente qualifica le Parrocchie … ormai l’orizzonte culturale e religioso italiano, che non preclude ancora di adottare la categoria di cattolicesimo popolare per designarlo, non sopporta più la stanca ripetizione di moduli abitudinari propri di una pastorale stanziale e centrata su servizi religiosi pensati nel quadro di una società ancora largamente cristiana. Il ripensamento della presenza e dell’azione pastorale della Chiesa in questa stagione riposiziona necessariamente anche la proposta catechistica. E se il Documento Base (1970), sulla scia del Concilio, conserva intatta la sua capacità di fornire un contenuto e uno schema di approccio ancora validi nella nuova situazione, nondimeno l’attualizzazione della sua proposta ha bisogno di adattamenti e concretizzazioni, anzi di una sorta di traduzioni che renda viva l’iniziativa ecclesiale per la sua capacità di raggiungere e incontrare efficacemente le persone oggi” (cfr intervento di Mons. Mariano Crociata – segretario della CEI - Il cammino condiviso verso gli “Orientamenti per la catechesi”, alla Consulta dell’UCN, 9 aprile 2013).
Le proposte riguardanti una maggiore qualificazione di padrini/madrine, l’assunzione a pieno titolo negli itinerari di Iniziazione Cristiana della pastorale battesimale e delle prime età della vita, la dimensione catecumenale propria e ispiratrice di altri percorsi di educazione alla vita e alla fede cristiana (catecumenato adulti, iniziazione catecumenale dei fanciulli, percorsi di fede per“ricomincianti”, cresime per adulti, itinerari per il matrimonio cristiano, ecc.- vedi in proposito le tre Note pastorali della CEI), sono temi e percorsi sperimentati sul campo nelle Diocesi italiane, e siamo in attesa di tali Orientamenti pastorali per mettere a frutto “la vitalità espressa nei Convegni Regionali del 2012, che hanno mostrato nei contributi emersi anche in pubblicazioni, apparsi a diversi livelli su varie Riviste scientifiche e pastorali, come una convergenza pastorale sia possibile” (idem come sopra,  Mariano Crociata).
Grazie a questa proposizione dei padri sinodali, la riflessione e l’approfondimento sul presente tema, si amplia anche alla Chiesa universale dove, peraltro, già nel Direttorio Generale per la Catechesi (LEV,Congregazione per il Clero, 1997), si trovano  indicazioni autorevoli e importanti in merito.
 
 
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n. 39: Pietà popolare e Nuova Evangelizzazione

PROPOSIZIONE 39: PIETA’ POPOLARE E NUOVA EVANGELIZZAZIONE
La pietà popolare è un vero luogo di incontro con Cristo ed anche esprime la fede del popolo cristiano nella beata Vergine Maria e i santi. La nuova evangelizzazione riconosce il valore di queste esperienze di fede e le incoraggia come vie per crescere in virtù cristiana.
I pellegrinaggi verso i luoghi sacri e santuari sono un aspetto importante della nuova evangelizzazione. Non solo per i milioni di persone che continuano a fare questi pellegrinaggi, ma perché questa forma di pietà popolare è in questo momento una opportunità specialmente promettente per la conversione e la crescita della fede.
E’ importante quindi che sia sviluppato un piano pastorale in modo da accogliere adeguatamente i pellegrini che, in risposta al loro desiderio profondo, offra possibilità perché il tempo del pellegrinaggio sia vissuto come un vero momento di grazia.
 
Potrebbe sorgere un equivoco, che nel presente commento spero di togliere!
Che cosa significa per le nostre comunità cristiane entrare in una prospettiva di primo annuncio? (vedi proposizione n. 9). Abbandonare tutte le nostre proposte pastorali e tradizioni e cominciare “qualche cosa di nuovo”, che non sapremmo cosa sia? Si tratta di indirizzare tutta l’attività pastorale delle nostre parrocchie a esperienza di evangelizzazione di strada? 
Certo che no!
 
Sono i Vescovi Italiani che nella Nota pastorale Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, n. 7 – 2004, affermano: “Di primo annuncio vanno innervate tutte  le azioni pastorali”.
Questa indicazione non dice di fare tabula rasa delle iniziative pastorali anche le più tradizionali, ma di inserire una prospettiva missionaria a ogni azione pastorale e spirituale che si compie in parrocchia.
Qualche esempio: quando dei genitori vengono a chiedere il Battesimo per il bambino e scopriamo che non sanno cos’è la fede, oppure sono conviventi o divorziati, senza dispiacerci troppo se non sono come li vorremmo noi, abbiamo l’occasione di intessere una relazione e proporgli di nuovo il primo annuncio della fede.
Quando incontriamo i fidanzati negli incontri di preparazione al matrimonio, è sufficiente che ripensiamo questi pochi incontri non in una prospettiva di semplice educazione umana o di supplenza dei consultori familiari, ma di proposta della fede, dopo l’abbandono del dopo-Cresima.
Quando, nella visita alle famiglie in occasione della benedizione natalizia, incontriamo persone le più diversificate: qualche superstizioso, qualcuno che si dichiara ateo, qualche altro che dice di credere in Dio ma non nei preti e nella Chiesa, ecc. …. invece di intristirsi, cogliamo l’occasione per gettare un piccolo aggancio per poterli incontrare di nuovo in un modo più “disteso”, oppure per offrirgli un piccolo spunto di riflessione allo scopo di per poter “ripensare”…
Questo vale per ogni attività parrocchiale, anche le più devozionali: processioni, mese di maggio, feste patronali (nella speranza che non siano già ridotte solo a serate danzanti, salamelle alla griglia e tornei di calcio!), devozione per qualche santo particolare, SS. Quarant’ore. Basta ripensare questi momenti significativi e aiutare il popolo di Dio che è affidato alla nostra cura pastorale  a viverle come occasioni per un rinnovato annuncio della fede alla scoperta del Vangelo.
 
L’errore che spesso si ripete nelle nostre comunità è proprio questo: moltiplicare le iniziative e in ciò che si fa dare “poco nutrimento” spirituale, cioè annunziare il Verbo fatto carne, il Signore Gesù morto e risorto per tutti e ciascuno, scadendo in risposte o iniziative puramente sociologiche o di pura aggregazione.
 
 
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n. 41: Nuova Evangelizzazione e Chiesa particolare

PROPOSIZIONE 41: NUOVA EVANGELIZZAZIONE E CHIESA PARTICOLARE
 
La Chiesa particolare, diretta dal Vescovo, aiutato da sacerdoti e diaconi, con la collaborazione di persone consacrate e laici, è  l’oggetto della nuova evangelizzazione. Lo è perché in ogni luogo la Chiesa particolare è la manifestazione concreta della Chiesa di Cristo e, come tale, inizia coordina e realizza le azioni pastorali attraverso le quali la nuova evangelizzazione viene implementata.
Nella Chiesa risuona la chiamata alla santità, diretta a tutti i battezzati, invitati a seguire il Cristo e a rivolgersi con amore e buona volontà verso tutti gli uomini, al fine di discernere l’azione dello Spirito Santo in loro: “Come vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34-35). Per le prime comunità cristiane, la comunione era un elemento costitutivo della vita di fede e necessaria per l’evangelizzazione: avevano un solo cuore e spirito. La Chiesa è comunione, vale a dire, la Chiesa è la famiglia di Dio.
La Chiesa permette a ciascuno dei suoi membri di essere consapevoli della loro responsabilità di essere come il lievito nella pasta. In questo modo, “la fede che opera per mezzo della carità” (Gal 5,6) diventerà una testimonianza contagiosa per il mondo in tutte le sue dimensioni, offrendo ad ogni persona la possibilità di incontrare Cristo e di diventare a sua volta evangelizzatore.
E’ auspicabile che ogni Chiesa particolare, qualunque siano le difficoltà, sviluppi il senso della missione tra i suoi fedeli  cooperando con le altre Chiese particolari.
 
“Costituirono quindi per loro in ogni comunità alcuni anziani e dopo aver pregato e digiunato li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto” (At 14,23). Gli apostoli Paolo e Barnaba pongono i primi passi delle Chiese sotto la guida di un collegio di anziani, loro collaboratori. Vedremo i tratti che deve assumere la parrocchia nel rispondere all’esigenza della Nuova Evangelizzazione nella proposizione 44, qui va ricordato che la parrocchia si qualifica dal punto di vista ecclesiale non per se stessa, ma in riferimento alla Chiesa particolare, di cui costituisce un’articolazione.
E’ la Diocesi ad assicurare il rapporto del Vangelo e della Chiesa con il luogo, con le dimore degli uomini.  La Chiesa particolare è fondata dalla successione apostolica da cui scaturisce la certezza della fede annunciata e, nella comunione di tutti i suoi membri sotto la guida del Vescovo, è dato il mandato di annunciare il Vangelo. La parrocchia, che vive nella Diocesi, non ne ha la medesima necessità teologica, ma è attraverso di essa che la Diocesi esprime la propria dimensione locale. Pertanto, la parrocchia è definita correttamente come “la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie” (Chl, 26).
Agli inizi, la Chiesa si edificò attorno alla cattedra del vescovo e con l’espandersi delle comunità si moltiplicarono le Diocesi. Quando poi il cristianesimo si diffuse nei villaggi delle campagne, quelle porzioni del popolo di Dio furono affidate ai presbiteri. La Chiesa potè così essere vicina alle dimore della gente, senza che venisse intaccata l’unità della Diocesi attorno al Vescovo e all’unico presbiterio con lui.
La parrocchia è dunque una scelta storica della Chiesa, una scelta pastorale, ma non è una pura circoscrizione amministrativa o funzionale della Diocesi: essa è la forma storica privilegiata della localizzazione della Chiesa particolare.
 
Più che di “parrocchia” dovremmo parlare di “parrocchie”: la parrocchia infatti non è mai una realtà a sé, ed è impossibile pensarla se non nella comunione della Chiesa particolare. E’ fondamentale valorizzare i legami che esprimono il riferimento al Vescovo e l’appartenenza alla Diocesi. E’ in gioco l’inserimento di ogni parrocchia nella pastorale diocesana. Alla base di tutto sta la coscienza che i parroci e tutti i sacerdoti devono avere di far parte dell’unico presbiterio della Diocesi e quindi il sentirsi responsabili con il Vescovo di tutta la Chiesa particolare, rifuggendo da autonomie e particolarismi. 
In questo senso ricordo l’indicazione del card. Tettamanzi nella lettera pastorale La Chiesa di Antiochia regola pastorale della Chiesa di Milano – Un anno di riposo in Dio – 2009-2010: “ … dovremmo vedere i nostri incarichi personali, qualunque essi siano, come espressione particolare di una sollecitudine pastorale comune e condivisa che ha come “soggetto” l’intero presbiterio … se uno è parroco, cappellano, responsabile di ufficio di curia, ecc. lo è a nome del Vescovo e dell’intero presbiterio. Se assumiamo questa prospettiva ci sentiremo meno isolati  e meno tentati dai personalismi del nostro lavoro pastorale … esiga comunque una chiarezza e un ordine di compiti, di ruoli e di responsabilità. Questa è un’esigenza umana da tutti avvertita e da rispettarsi, ma è anche una necessità per una comunione che voglia essere ordinata e che non debba soffocare ma valorizzare i carismi e i ministeri personali per l’utilità comune” (pp. 55-56).
La stessa prospettiva di effettiva comunione è chiesta a religiosi e religiose, ai laici appartenenti alle varie aggregazioni.
 
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n. 42: Attività pastorale integrata

PROPOSIZIONE 42: ATTIVITA’ PASTORALE INTEGRATA
 
Ogni Chiesa particolare è la comunità primaria della missione della Chiesa. Deve animare e guidare una rinnovata attività pastorale in grado di integrare la varietà dei carismi, dei ministeri, degli stati di vita e delle risorse. Tutte queste realtà devono essere coordinate all’interno di un progetto missionario organico, capace di comunicare la pienezza della vita cristiana ad ognuno, progetto missionario organico, capace di comunicare la pienezza della vita cristiana ad ognuno, specialmente a coloro che si sentono lontano dalla cura della Chiesa. Tale sforzo deve derivare dal dialogo e dalla cooperazione di tutte le componenti diocesane, tra cui: parrocchie, piccole comunità cristiane, comunità educative, comunità di vita consacrata, associazioni, movimenti e singoli fedeli. Ogni programma pastorale deve trasmettere la vera novità del Vangelo ed essere incentrato sull’incontro personale e vivente con Cristo; deve essere anche strutturato per suscitare in tutti una generosa adesione alla fede ed una volontà di accettare la chiamata ad essere suoi testimoni.
 
Nel commento alla presente proposizione desidero sottolineare almeno tre aspetti che aiutano a mettere a fuoco cosa significa il termine “Pastorale integrata”: il primo tocca la Chiesa Diocesana, il secondo suggerisce l’impostazione pastorale a cui è chiamata ciascuna comunità parrocchiale nello svolgere la missione evangelizzatrice, il terzo indica quelle attenzioni irrinunciabile dell’agire pastorale che sono proprie della Chiesa che vuol essere davvero missionaria.
1.La pastorale integrata, sollecitata dai Vescovi italiani ormai da anni, è espressione di una comunità operativa che, a partire dalle esigenze della missione, valorizza carismi e soggettualità ecclesiali.
Occorre un ripensamento delle risorse personali, comunitarie e strutturali della pastorale diocesana, motivata da una spiritualità di comunione e di valorizzazione delle singole soggettività e storie in gioco e non costretto, in un futuro veramente prossimo, dalla mera mancanza di presbiteri.
E nell’ordine della missionarietà, anima di questa opzione pastorale, si possono superare antiche contrapposizioni tra parrocchie, movimenti e religiosi.
E’ infatti, in funzione dei bisogni del territorio o della situazione pastorale che si vuole servire che si attivano le competenze e le sinergie necessarie per l’obiettivo da realizzare. Per ulteriori approfondimenti vedi CEI, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia n. 11 – 2004.
 
2.Evidenziando un ulteriore aspetto insito nella pastorale integrata, è senza dubbio la dinamica pedagogica della Traditio – Receptio – Redditio, poiché applica in modo esemplare questa “integrazione”:
la fede è dono e suppone una comunità che se ne faccia mediatrice e portatrice (traditio).
•La fede suppone un’accoglienza libera e la possibilità di essere coltivata con un atteggiamento attivo (receptio).
La fede è feconda, opera nella carità e prende volto nel celebrare, nel testimoniare e nel servire (redditio).
In conseguenza, applicando questa indicazione pastorale ad esempio in un itinerario di Iniziazione Cristiana ispirato al catecumenato, non possiamo dimenticare che le tappe del percorso che di volta in volta si susseguono, non sono simboliche, ma esprimono veramente un passaggio avvenuto, una conquista fatta, un comportamento acquisito. Occorre promuovere la maturazione di fede e soprattutto bisogna integrare tra loro le varie dimensioni della vita cristiana: conoscere, celebrare e vivere la fede (per ulteriori approfondimenti vedi CEI, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, n. 7 La Chiesa madre genera i suoi figli nell’iniziazione cristiana – 2004).
Teniamo conto ad esempio di quali siano le attività, la vita ordinaria, delle nostre parrocchie. Facendo concretamente un elenco, ci accorgeremmo che ogni parrocchia, presenta una molteplicità di attività pastorali che ruotano attorno a quattro grandi temi portanti che costituiscono l’indole propria dell’essere Chiesa: esse sono la Liturgia, che rende presente il Signore risorto nella comunità cristiana che dona la Sua Grazia santificante, la Catechesi, che insegna e annuncia la Parola di Dio e la viva Tradizione della Chiesa, cioè la sua vita interna e il suo rapporto con gli uomini di buona volontà, la Carità nella espressione della vita fraterna e dell’attenzione verso i poveri, la Missione, come testimonianza e annuncio del Vangelo.
Per ognuna di queste “attività” è sempre utile rispondere a cinque “messe a fuoco” per poterle incarnare in ogni singola realtà: chi – cosa – dove – quando – perché.
Teniamo conto che ogni aspetto della vita della comunità e ogni sua espressione serve per introdurre alla vita cristiana, questo riguarda sia i bambini ma anche i loro genitori che forse ultimamente se ne sono un po’ allontanati.
Occorre poi aver chiaro sempre quali sono i destinatari, lo scopo che abbiamo, quali i luoghi adatti da utilizzare, quali persone interessate o da poter coinvolgere.
Parafrasando S. Paolo, il grande apostolo delle genti, tutto è lecito ma può anche essere non necessariamente opportuno. Ad esempio un itinerario catechistico che voglia essere integrato deve rientrare nel Progetto Pastorale della comunità cristiana del luogo, e interrogarsi sempre su quale sia il motivo che fa muovere.
Al tempo stesso, non bastano né la parola né l’impegno o la coerenza di vita. Perché il cristianesimo non è semplicemente una dottrina o una ideologia, ma è riconoscere la Persona di Gesù Cristo come Salvatore, riconoscerlo come Dio che mi cerca e desidera essere presente nella nostra vita, Lui che ce ne offre una più grande (la vita divina). 
 
3.Vi è un ultimo aspetto da considerare richiamato nel Convegno Ecclesiale di Verona del 2006: accanto ai fondamentali cardini dell’azione ecclesiale  Liturgia, Catechesi, Carità, Missione, perché il cammino di fede nella vita cristiana sia effettivamente integrato,  occorre imparare lo stile che voglia incontrare le persone nelle concretezze della loro vita personale e che tenga conseguentemente conto di almeno cinque ambiti della vita quotidiana, quali  la vita affettiva, il lavoro e la festa, la fragilità, la tradizione, la cittadinanza, così da incarnare l’annuncio di Gesù Signore e Salvatore. Ciò è infatti decisivo perché ciascuno sia testimone negli ambiti della sua vita. E’ evidente che la Sacra Scrittura è sempre la fonte e il riferimento: essa non cessa di parlare di affetti, di malattie, di questioni sociali, di genitori e di figli, di festività e di lavoro e di come Dio entri nelle pieghe delle varie storie dei personaggi per essere una presenza di Padre, di Salvatore, di Redentore per ciascuno.
 
“Si è missionari prima di tutto per ciò che si è, come Chiesa
che vive profondamente l’unità dell’amore, prima di esserlo
per ciò che si dice o si fa”.
Redemptoris Missio n. 23
 
 
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n. 44: Nuova Evangelizzazione in parrocchia

PROPOSIZIONE 44: NUOVA EVANGELIZZAZIONE IN PARROCCHIA
 
La parrocchia, per mezzo di tutte le sue attività, deve incoraggiare i suoi membri a diventare agenti della nuova evangelizzazione, dando testimonianza sia con la propria parola che con la propria vita. Per questo motivo, è importante ricordare che la parrocchia rimane l’ambiente abituale per la vita spirituale dei parrocchiani. Il Sinodo pertanto incoraggia le visite parrocchiali alle famiglie come un mezzo di rinnovamento della parrocchia. A volte succede che la parrocchia viene considerata solo come un luogo per eventi importanti o persino come un centro turistico. Parimenti, gli “agenti pastorali” negli ospedali, i centri giovanili, le fabbriche, la carceri, ecc. devono tener presente che la nuova evangelizzazione deve trovare casa in questi luoghi. La Chiesa deve infatti essere presente in questi luoghi, poiché Cristo ha mostrato la sua preferenza per le persone che li popolano. Per quanto è nel loro potere, tutte le Chiese sono quindi esortate ad essere aperte a questa missione, ovunque si trovino.
 
Seguendo quanto espresso dai Vescovi italiani nel documento Il volto missionario della parrocchia in un mondo che cambia (2004),  provo a “costruire” l’identikit di una parrocchia che voglia essere missionaria e vivere in pienezza questa stagione ecclesiale della Nuova Evangelizzazione:
 
1.Non si può più dare per scontato che tra noi e attorno a noi, in un crescente pluralismo culturale e religioso, sia conosciuto il Vangelo di Gesù; le parrocchie devono essere dimore che sanno accogliere e ascoltare paure e speranze della gente, domande e attese, anche inespresse, e che sanno offrire una coraggiosa testimonianza e un annuncio credibile della verità che è Cristo.
2.L’iniziazione cristiana, che ha il suo insostituibile grembo nella parrocchia, deve ritrovare unità attorno all’Eucaristia; bisogna rinnovare l’iniziazione cristiana dei fanciulli coinvolgendo maggiormente le famiglie; per i giovani e gli adulti vanno proposti nuovi e praticabili itinerari per l’iniziazione o la ripresa della vita cristiana.
3.La domenica, giorno del Signore, della Chiesa e dell’uomo, sta alla sorgente, al cuore e al vertice della vita parrocchiale: il valore che la domenica ha per l’uomo e lo slancio missionario che da essa si genera prendono forma solo in una celebrazione dell’Eucaristia curata secondo verità e bellezza.
4.Una parrocchia missionaria è al servizio della fede delle persone, soprattutto degli adulti, da raggiungere nelle dimensioni degli affetti, del lavoro, e del riposo; occorre in particolare riconoscere il ruolo germinale che per la società e per la comunità cristiana hanno le famiglie, sostenendole nella preparazione al matrimonio cristiano, nell’attesa dei figli, nella responsabilità educativa, nei momenti di sofferenza.
5.Le parrocchie devono continuare ad assicurare la dimensione popolare della Chiesa, rinnovandone il legame con il territorio nelle sue concrete e molteplici dimensioni sociali e culturali. Vi è la necessità di prendersi cura dei poveri, collaborare con altri soggetti sociali e con le istituzioni, promuovere cultura in questo tempo della comunicazione.
6.Le parrocchie non possono agire da sole: ci vuole una “pastorale integrata” in cui, nell’unità con la Diocesi, si abbandoni ogni pretesa di autosufficienza o autoreferenzialità, per aprirsi a una pastorale d’insieme con le unità pastorali o le comunità pastorali, il decanato, la zona, valorizzando la vita consacrata e i nuovi movimenti ecclesiali.
7.Una parrocchia missionaria ha bisogno di “nuovi” protagonisti: una comunità che si sente tutta responsabile del vangelo, preti più pronti alla collaborazione nell’unico Presbiterio e più attenti a promuovere carismi e ministeri, sostenendo la formazione dei laici, con le loro associazioni creando spazi di reale partecipazione alla vita ecclesiale.
 
L’impegno non è facile, ma è esaltante. Essere protagonisti è un dono di Dio. Ogni cambiamento va vissuto insieme, in un clima spirituale “alto”. Ce lo chiede il Signore che, come a Paolo, continua a ripetere a ciascuno: “Non aver paura, ma continua a parlare e non tacere … perché io ho un popolo numeroso in questa città” (Atti 18,9-10).
 
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n. 46: Collaborazione di uomini e donne nella Chiesa

PROPOSIZIONE 46: COLLABORAZIONE DI UOMINI E DONNE NELLA CHIESA.
La Chiesa apprezza l'uguale dignità di donne e uomini nella società come creati ad immagine di Dio, e nella Chiesa in base alla loro comune vocazione come battezzati in Cristo. I pastori della Chiesa hanno riconosciuto le capacità speciali delle donne, come la loro attenzione verso gli altri e i loro doni per l'educazione e compassione, in modo molto speciale nella loro vocazione di madri. Le donne assieme agli uomini danno testimonianza del Vangelo della vita con la loro dedizione alla trasmissione della vita nella famiglia. Insieme aiutano a mantenere viva la fede. Il Sinodo riconosce che oggi, le donne (laiche e religiose) insieme con gli uomini contribuiscono alla riflessione teologica a tutti i livelli e condividono le responsabilità pastorali in modo nuovo, portando avanti la nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede.

La Chiesa riconosce l'uguale dignità di donne e uomini nella società come creati ad immagine di Dio, e nella Chiesa in base alla loro comune vocazione come battezzati in Cristo. I pastori della Chiesa, in vari documenti di magistero, evidenziano le capacità speciali delle donne, come la loro attenzione verso gli altri e i loro doni per l'educazione e compassione, in modo molto speciale nella loro vocazione di madri, danno testimonianza del Vangelo della vita con la loro dedizione alla trasmissione della vita nella famiglia e aiutano a mantenere viva la fede. In questi ultimi decenni, insieme agli uomini, si vedono più donne, laiche e religiose, che contribuiscono alla riflessione teologica a tutti i livelli.
In proposito ho riletto il documento della Congregazione per la dottrina della fede La collaborazione dell'uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo del 31 Maggio 2004.
I media hanno riportato la notizia che, durante i giorni del Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione dell'Ottobre 2012, i padri sinodali si sono soffermati a riflettere proprio su questo tema e che, constatando il maggior numero di donne rispetto agli uomini appartenenti alla Chiesa, e riconoscendo i molteplici impegni in diversi settori di apostolato, sottolineavano l'importanza che "le donne nella Chiesa siano felici" ... anche per non avere in ricaduta, una Chiesa "triste".
Così pure nelle Congregazioni generali pre-Conclave dello scorso Marzo, sempre i mass media, hanno riportato che i cardinali si sono soffermati sul ruolo della donna nella Chiesa ...
Ancora, ho recuperato un bellissimo inserto preparato nel Maggio 2012 dell'Osservatore Romano sul tema "Donne Chiesa Mondo", dove vengono presentate, nei secoli, diverse figure femminili apportatrici di singolari carismi e spiritualità messe a servizio del Vangelo, non nascondendo come anche "opere letterarie siano state scritte da donne, ma pubblicate con pseudonimi maschili. Recentemente, lo storico francese Jacques Gagey ha rivelato che è accaduto anche per uno dei più famosi libri di spiritualità cattolica, L'abbandono alla Provvidenza divina, l'opera spirituale più importante del Settecento francese, redatta verso il 1740 e pubblicata nel 1861. Von Balthasar la considerava "il libro cerniera che raccoglieva l'epoca mistica tutta intera", classico della spiritualità e libro dalla fisionomia unica che accompagna costantemente molte persone spirituali. Queste pagine famose e continuamente riedite non sono opera del gesuita Jean-Pierre de Caussade, ma di una donna.
Gagey sa che, in quell'epoca, non aveva importanza l'attribuzione dell'autore. Oggi però far luce è un dovere di verità storica, specie quando tutti pensano che l'autore sia un uomo, e questo rende più difficile scoprire che invece è una donna".
Di ritorno dalla GMG brasiliana anche Papa Francesco (28 luglio 2013) nel colloquio con i giornalisti, ha voluto rilanciare il ruolo della donna nella Chiesa chiedendo esplicitamente una riflessione teologica e il riconoscimento concreto di ruoli nella vita della comunità ecclesiale da parte delle donne, usando anche l'immagine forte del Cenacolo: "Una Chiesa senza le donne è come il collegio apostolico senza Maria!" Certo non mancano riflessioni teologiche sulla donna e sul suo ruolo nella Chiesa ma, è necessario riconoscere, persiste una ambiguità nel trattare la tematica, che spesso argomenta per contrapposizione o con una complementarietà, rispetto all'uomo, non molto lucida. Il giorno precedente, in un contesto più autorevole quale è stata la Celebrazione Eucaristica nella Cattedrale di Rio de Janeiro presieduta dal Papa davanti ai Vescovi brasiliani, sabato 27 luglio u.s., il Santo Padre nel trattare il tema della missione e conversione pastorale ha affermato: "... le donne, che hanno un ruolo fondamentale nel trasmettere la fede. Non riduciamo l'impegno delle donne nella Chiesa, bensì promuoviamo il loro ruolo attivo nella comunità ecclesiale. Perdendo le donne la Chiesa rischia la sterilità".

Vediamo cosa ci riserverà il futuro in proposito, se avremo il coraggio di assecondare i suggerimenti dello Spirito Santo!
Nell'attuale situazione in me permane una personalissima convinzione: la collaborazione tra uomo e donna nella Chiesa e nel mondo si avrà nel pomeriggio del Giorno del Giudizio, dove, per dono di Dio, si sarà raggiunto lo shalom universale, dove si avvererà la profezia di Isaia "Il lupo dimorerà insieme con l'agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. La mucca e l'orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso..." (cfr Is 11,6-8).
Non è solo ironia: penso veramente siano da tenere in debita considerazione le conseguenze che il peccato originale porta con sé e che toccano tutti. E' un fatto che ogni discendente di Adamo che è sulla terra, da allora, "soppesi" quanto ogni Eva gli va dicendo (a volte anche con l'intento di circuire e portare l'Adamo di turno dove desidera lei) e, pur essendo attratta da lui, la donna gli sarà sottomessa, perché Adamo, ha da parte sua la volontà di prevaricare e possedere.
Solo "il Nuovo Adamo", Cristo Signore ovvero il Germoglio scaturito dal tronco di Iesse, porterà a compimento il Regno di Dio, come sappiamo a prezzo del suo sangue, instaurando nuovi cieli e nuova terra, lo shalom universale ...
Nel frattempo, da qui al pomeriggio del Giorno del Giudizio, rimane per tutti e ciascuno la fatica ascetica della conversione e della comunione (e non solo collaborazione)!

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n. 47: Formazione per evangelizzatori

PROPOSIZIONE 47: FORMAZIONE PER GLI EVANGELIZZATORI


Questo Sinodo ritiene che sia necessario istituire dei centri di formazione per la nuova evangelizzazione, dove i laici imparino a parlare della persona di Cristo in maniera persuasiva, adatta al nostro tempo e a gruppi specifici di persone (giovani, agnostici, anziani, ecc.).
Il cristocentrismo trinitario (cfr Direttorio Generale per la Catechesi, 98-100) è il criterio più essenziale e fondamentale per la presentazione del messaggio del Vangelo nei tre momenti dell'evangelizzazione, sia per la proclamazione iniziale, la catechesi o la formazione continuata (cfr DGC, 60-72). Tutto l'insegnamento e le risorse devono essere valutate in questa luce.

Durante il Sinodo è emersa la necessità di istituire centri di formazione per la nuova evangelizzazione, dove i laici imparino a parlare della persona di Cristo in maniera persuasiva, adatta al nostro tempo e alle persone di oggi.
Il medesimo auspicio per una formazione adeguata per i laici lo sollecitava anche il Beato Giovanni Paolo II nella Catechesi Tradendae al n. 71: "... A tutti coloro che lavorano generosamente al servizio del Vangelo ed ai quali ho qui espresso il mio vivo incoraggiamento, io vorrei rammentare una consegna che era cara al mio venerato Predecessore Paolo VI: "In quanto evangelizzatori, noi dobbiamo offrire (...) l'immagine (...) di persone mature nella fede, capaci di ritrovarsi insieme al di sopra delle tensioni concrete, grazie alla ricerca comune, sincera e disinteressata della verità. Sì, la sorte dell'evangelizzazione è certamente legata alla testimonianza di unità data dalla Chiesa. E' questo un motivo di responsabilità, ma anche di conforto (EN n. 77)".
Ritengo che questo invito vada esteso e sollecitato con maggiore incisività e concretezza oltre che ai laici, alle persone di vita consacrata, ai presbiteri, diaconi e ai vescovi, in quanto tutti sono evangelizzatori secondo la vocazione ricevuta.
Tuttavia (non penso sia una mia personale impressione) si deve constatare, con qualche disagio, come almeno nell'ultimo decennio, sul tema della formazione vi sia una specie di scollamento tra le varie "categorie" di persone che compongono la comunità cristiana, non solo riguardo alla "quantità" (rispetto a chi si pone il problema di "quale corso faccio?) ma soprattutto alla qualità della formazione stessa.
Il "grado" qualitativo dovrebbe essere valutato osservando come la proposta formativa nel campo nella Evangelizzazione segua il soffio dello Spirito Santo che indica il "passo" alla Chiesa formulando gli Orientamenti Pastorali necessari.
A seguito del Grande Giubileo del 2000, almeno per quanto riguarda la Conferenza Episcopale Italiana, si è avuta una accelerazione importante nel sollecitare a passare da una pastorale della conservazione a una pastorale missionaria in senso proprio. Basta leggere e fare propri i programmi pastorali decennali Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia (2000-2010) e gli attuali Educare alla vita buona del Vangelo (2010-2020).
Faccio degli esempi concreti nell'intento di spiegare il mio pensiero.
Non è difficile sentirsi obiettare durante un corso qualificato di formazione per catechisti, trattando temi di nuova evangelizzazione come l'iniziazione cristiana, il catecumenato, il primo annuncio rivolto a ragazzi e genitori, da sempre più persone e in diversi luoghi della nostra vasta Diocesi ambrosiana "Ma queste cose le avete dette ai preti?".
A volte viene da chiedersi come i presbiteri e diaconi siano stati "attrezzati" per lavorare nei cantieri pastorali che varie Diocesi italiane avevano aperto in anni recenti, legati a temi importanti della vita ecclesiale quali, la formazione dei preti giovani, la riforma liturgica, le unità pastorali, l'iniziazione cristiana e la pastorale giovanile.

In sintesi due sottolineature da considerare sul tema della formazione degli Evangelizzatori:
1. La formazione deve soprattutto operare una maturazione della persona: curare i contenuti della fede e lavorare perché la persona in formazione viva una tras-formazione, facendo maturare tutti i doni e carismi personali, che probabilmente un percorso formativo unicamente intellettuale non riuscirebbe a far emergere facendoli rimanere sopiti o nascosti, per il proprio bene e per il bene della Chiesa cui generosamente svolge il suo ministero.
2. Penso si sia compreso l'errore che rilevo ormai da parecchio tempo: quello di vedere uno "scollamento" qualitativo di formazione tra le varie "categorie" operanti nella chiesa, il non avere il medesimo passo e orizzonte, pur da punti di vista vocazionali differenti, ... e questo è dannoso per tutti! Mi auguro e spero che i responsabili della formazione dei diversi settori pastorali siano più attenti e qualitativamente più solleciti verso i percorsi cui spinge la Nuova Evangelizzazione.

Maria Grazia Rasia

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