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n. 42: Attività pastorale integrata

PROPOSIZIONE 42: ATTIVITA’ PASTORALE INTEGRATA
 
Ogni Chiesa particolare è la comunità primaria della missione della Chiesa. Deve animare e guidare una rinnovata attività pastorale in grado di integrare la varietà dei carismi, dei ministeri, degli stati di vita e delle risorse. Tutte queste realtà devono essere coordinate all’interno di un progetto missionario organico, capace di comunicare la pienezza della vita cristiana ad ognuno, progetto missionario organico, capace di comunicare la pienezza della vita cristiana ad ognuno, specialmente a coloro che si sentono lontano dalla cura della Chiesa. Tale sforzo deve derivare dal dialogo e dalla cooperazione di tutte le componenti diocesane, tra cui: parrocchie, piccole comunità cristiane, comunità educative, comunità di vita consacrata, associazioni, movimenti e singoli fedeli. Ogni programma pastorale deve trasmettere la vera novità del Vangelo ed essere incentrato sull’incontro personale e vivente con Cristo; deve essere anche strutturato per suscitare in tutti una generosa adesione alla fede ed una volontà di accettare la chiamata ad essere suoi testimoni.
 
Nel commento alla presente proposizione desidero sottolineare almeno tre aspetti che aiutano a mettere a fuoco cosa significa il termine “Pastorale integrata”: il primo tocca la Chiesa Diocesana, il secondo suggerisce l’impostazione pastorale a cui è chiamata ciascuna comunità parrocchiale nello svolgere la missione evangelizzatrice, il terzo indica quelle attenzioni irrinunciabile dell’agire pastorale che sono proprie della Chiesa che vuol essere davvero missionaria.
1.La pastorale integrata, sollecitata dai Vescovi italiani ormai da anni, è espressione di una comunità operativa che, a partire dalle esigenze della missione, valorizza carismi e soggettualità ecclesiali.
Occorre un ripensamento delle risorse personali, comunitarie e strutturali della pastorale diocesana, motivata da una spiritualità di comunione e di valorizzazione delle singole soggettività e storie in gioco e non costretto, in un futuro veramente prossimo, dalla mera mancanza di presbiteri.
E nell’ordine della missionarietà, anima di questa opzione pastorale, si possono superare antiche contrapposizioni tra parrocchie, movimenti e religiosi.
E’ infatti, in funzione dei bisogni del territorio o della situazione pastorale che si vuole servire che si attivano le competenze e le sinergie necessarie per l’obiettivo da realizzare. Per ulteriori approfondimenti vedi CEI, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia n. 11 – 2004.
 
2.Evidenziando un ulteriore aspetto insito nella pastorale integrata, è senza dubbio la dinamica pedagogica della Traditio – Receptio – Redditio, poiché applica in modo esemplare questa “integrazione”:
la fede è dono e suppone una comunità che se ne faccia mediatrice e portatrice (traditio).
•La fede suppone un’accoglienza libera e la possibilità di essere coltivata con un atteggiamento attivo (receptio).
La fede è feconda, opera nella carità e prende volto nel celebrare, nel testimoniare e nel servire (redditio).
In conseguenza, applicando questa indicazione pastorale ad esempio in un itinerario di Iniziazione Cristiana ispirato al catecumenato, non possiamo dimenticare che le tappe del percorso che di volta in volta si susseguono, non sono simboliche, ma esprimono veramente un passaggio avvenuto, una conquista fatta, un comportamento acquisito. Occorre promuovere la maturazione di fede e soprattutto bisogna integrare tra loro le varie dimensioni della vita cristiana: conoscere, celebrare e vivere la fede (per ulteriori approfondimenti vedi CEI, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, n. 7 La Chiesa madre genera i suoi figli nell’iniziazione cristiana – 2004).
Teniamo conto ad esempio di quali siano le attività, la vita ordinaria, delle nostre parrocchie. Facendo concretamente un elenco, ci accorgeremmo che ogni parrocchia, presenta una molteplicità di attività pastorali che ruotano attorno a quattro grandi temi portanti che costituiscono l’indole propria dell’essere Chiesa: esse sono la Liturgia, che rende presente il Signore risorto nella comunità cristiana che dona la Sua Grazia santificante, la Catechesi, che insegna e annuncia la Parola di Dio e la viva Tradizione della Chiesa, cioè la sua vita interna e il suo rapporto con gli uomini di buona volontà, la Carità nella espressione della vita fraterna e dell’attenzione verso i poveri, la Missione, come testimonianza e annuncio del Vangelo.
Per ognuna di queste “attività” è sempre utile rispondere a cinque “messe a fuoco” per poterle incarnare in ogni singola realtà: chi – cosa – dove – quando – perché.
Teniamo conto che ogni aspetto della vita della comunità e ogni sua espressione serve per introdurre alla vita cristiana, questo riguarda sia i bambini ma anche i loro genitori che forse ultimamente se ne sono un po’ allontanati.
Occorre poi aver chiaro sempre quali sono i destinatari, lo scopo che abbiamo, quali i luoghi adatti da utilizzare, quali persone interessate o da poter coinvolgere.
Parafrasando S. Paolo, il grande apostolo delle genti, tutto è lecito ma può anche essere non necessariamente opportuno. Ad esempio un itinerario catechistico che voglia essere integrato deve rientrare nel Progetto Pastorale della comunità cristiana del luogo, e interrogarsi sempre su quale sia il motivo che fa muovere.
Al tempo stesso, non bastano né la parola né l’impegno o la coerenza di vita. Perché il cristianesimo non è semplicemente una dottrina o una ideologia, ma è riconoscere la Persona di Gesù Cristo come Salvatore, riconoscerlo come Dio che mi cerca e desidera essere presente nella nostra vita, Lui che ce ne offre una più grande (la vita divina). 
 
3.Vi è un ultimo aspetto da considerare richiamato nel Convegno Ecclesiale di Verona del 2006: accanto ai fondamentali cardini dell’azione ecclesiale  Liturgia, Catechesi, Carità, Missione, perché il cammino di fede nella vita cristiana sia effettivamente integrato,  occorre imparare lo stile che voglia incontrare le persone nelle concretezze della loro vita personale e che tenga conseguentemente conto di almeno cinque ambiti della vita quotidiana, quali  la vita affettiva, il lavoro e la festa, la fragilità, la tradizione, la cittadinanza, così da incarnare l’annuncio di Gesù Signore e Salvatore. Ciò è infatti decisivo perché ciascuno sia testimone negli ambiti della sua vita. E’ evidente che la Sacra Scrittura è sempre la fonte e il riferimento: essa non cessa di parlare di affetti, di malattie, di questioni sociali, di genitori e di figli, di festività e di lavoro e di come Dio entri nelle pieghe delle varie storie dei personaggi per essere una presenza di Padre, di Salvatore, di Redentore per ciascuno.
 
“Si è missionari prima di tutto per ciò che si è, come Chiesa
che vive profondamente l’unità dell’amore, prima di esserlo
per ciò che si dice o si fa”.
Redemptoris Missio n. 23
 
 
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n. 44: Nuova Evangelizzazione in parrocchia

PROPOSIZIONE 44: NUOVA EVANGELIZZAZIONE IN PARROCCHIA
 
La parrocchia, per mezzo di tutte le sue attività, deve incoraggiare i suoi membri a diventare agenti della nuova evangelizzazione, dando testimonianza sia con la propria parola che con la propria vita. Per questo motivo, è importante ricordare che la parrocchia rimane l’ambiente abituale per la vita spirituale dei parrocchiani. Il Sinodo pertanto incoraggia le visite parrocchiali alle famiglie come un mezzo di rinnovamento della parrocchia. A volte succede che la parrocchia viene considerata solo come un luogo per eventi importanti o persino come un centro turistico. Parimenti, gli “agenti pastorali” negli ospedali, i centri giovanili, le fabbriche, la carceri, ecc. devono tener presente che la nuova evangelizzazione deve trovare casa in questi luoghi. La Chiesa deve infatti essere presente in questi luoghi, poiché Cristo ha mostrato la sua preferenza per le persone che li popolano. Per quanto è nel loro potere, tutte le Chiese sono quindi esortate ad essere aperte a questa missione, ovunque si trovino.
 
Seguendo quanto espresso dai Vescovi italiani nel documento Il volto missionario della parrocchia in un mondo che cambia (2004),  provo a “costruire” l’identikit di una parrocchia che voglia essere missionaria e vivere in pienezza questa stagione ecclesiale della Nuova Evangelizzazione:
 
1.Non si può più dare per scontato che tra noi e attorno a noi, in un crescente pluralismo culturale e religioso, sia conosciuto il Vangelo di Gesù; le parrocchie devono essere dimore che sanno accogliere e ascoltare paure e speranze della gente, domande e attese, anche inespresse, e che sanno offrire una coraggiosa testimonianza e un annuncio credibile della verità che è Cristo.
2.L’iniziazione cristiana, che ha il suo insostituibile grembo nella parrocchia, deve ritrovare unità attorno all’Eucaristia; bisogna rinnovare l’iniziazione cristiana dei fanciulli coinvolgendo maggiormente le famiglie; per i giovani e gli adulti vanno proposti nuovi e praticabili itinerari per l’iniziazione o la ripresa della vita cristiana.
3.La domenica, giorno del Signore, della Chiesa e dell’uomo, sta alla sorgente, al cuore e al vertice della vita parrocchiale: il valore che la domenica ha per l’uomo e lo slancio missionario che da essa si genera prendono forma solo in una celebrazione dell’Eucaristia curata secondo verità e bellezza.
4.Una parrocchia missionaria è al servizio della fede delle persone, soprattutto degli adulti, da raggiungere nelle dimensioni degli affetti, del lavoro, e del riposo; occorre in particolare riconoscere il ruolo germinale che per la società e per la comunità cristiana hanno le famiglie, sostenendole nella preparazione al matrimonio cristiano, nell’attesa dei figli, nella responsabilità educativa, nei momenti di sofferenza.
5.Le parrocchie devono continuare ad assicurare la dimensione popolare della Chiesa, rinnovandone il legame con il territorio nelle sue concrete e molteplici dimensioni sociali e culturali. Vi è la necessità di prendersi cura dei poveri, collaborare con altri soggetti sociali e con le istituzioni, promuovere cultura in questo tempo della comunicazione.
6.Le parrocchie non possono agire da sole: ci vuole una “pastorale integrata” in cui, nell’unità con la Diocesi, si abbandoni ogni pretesa di autosufficienza o autoreferenzialità, per aprirsi a una pastorale d’insieme con le unità pastorali o le comunità pastorali, il decanato, la zona, valorizzando la vita consacrata e i nuovi movimenti ecclesiali.
7.Una parrocchia missionaria ha bisogno di “nuovi” protagonisti: una comunità che si sente tutta responsabile del vangelo, preti più pronti alla collaborazione nell’unico Presbiterio e più attenti a promuovere carismi e ministeri, sostenendo la formazione dei laici, con le loro associazioni creando spazi di reale partecipazione alla vita ecclesiale.
 
L’impegno non è facile, ma è esaltante. Essere protagonisti è un dono di Dio. Ogni cambiamento va vissuto insieme, in un clima spirituale “alto”. Ce lo chiede il Signore che, come a Paolo, continua a ripetere a ciascuno: “Non aver paura, ma continua a parlare e non tacere … perché io ho un popolo numeroso in questa città” (Atti 18,9-10).
 
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n. 46: Collaborazione di uomini e donne nella Chiesa

PROPOSIZIONE 46: COLLABORAZIONE DI UOMINI E DONNE NELLA CHIESA.
La Chiesa apprezza l'uguale dignità di donne e uomini nella società come creati ad immagine di Dio, e nella Chiesa in base alla loro comune vocazione come battezzati in Cristo. I pastori della Chiesa hanno riconosciuto le capacità speciali delle donne, come la loro attenzione verso gli altri e i loro doni per l'educazione e compassione, in modo molto speciale nella loro vocazione di madri. Le donne assieme agli uomini danno testimonianza del Vangelo della vita con la loro dedizione alla trasmissione della vita nella famiglia. Insieme aiutano a mantenere viva la fede. Il Sinodo riconosce che oggi, le donne (laiche e religiose) insieme con gli uomini contribuiscono alla riflessione teologica a tutti i livelli e condividono le responsabilità pastorali in modo nuovo, portando avanti la nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede.

La Chiesa riconosce l'uguale dignità di donne e uomini nella società come creati ad immagine di Dio, e nella Chiesa in base alla loro comune vocazione come battezzati in Cristo. I pastori della Chiesa, in vari documenti di magistero, evidenziano le capacità speciali delle donne, come la loro attenzione verso gli altri e i loro doni per l'educazione e compassione, in modo molto speciale nella loro vocazione di madri, danno testimonianza del Vangelo della vita con la loro dedizione alla trasmissione della vita nella famiglia e aiutano a mantenere viva la fede. In questi ultimi decenni, insieme agli uomini, si vedono più donne, laiche e religiose, che contribuiscono alla riflessione teologica a tutti i livelli.
In proposito ho riletto il documento della Congregazione per la dottrina della fede La collaborazione dell'uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo del 31 Maggio 2004.
I media hanno riportato la notizia che, durante i giorni del Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione dell'Ottobre 2012, i padri sinodali si sono soffermati a riflettere proprio su questo tema e che, constatando il maggior numero di donne rispetto agli uomini appartenenti alla Chiesa, e riconoscendo i molteplici impegni in diversi settori di apostolato, sottolineavano l'importanza che "le donne nella Chiesa siano felici" ... anche per non avere in ricaduta, una Chiesa "triste".
Così pure nelle Congregazioni generali pre-Conclave dello scorso Marzo, sempre i mass media, hanno riportato che i cardinali si sono soffermati sul ruolo della donna nella Chiesa ...
Ancora, ho recuperato un bellissimo inserto preparato nel Maggio 2012 dell'Osservatore Romano sul tema "Donne Chiesa Mondo", dove vengono presentate, nei secoli, diverse figure femminili apportatrici di singolari carismi e spiritualità messe a servizio del Vangelo, non nascondendo come anche "opere letterarie siano state scritte da donne, ma pubblicate con pseudonimi maschili. Recentemente, lo storico francese Jacques Gagey ha rivelato che è accaduto anche per uno dei più famosi libri di spiritualità cattolica, L'abbandono alla Provvidenza divina, l'opera spirituale più importante del Settecento francese, redatta verso il 1740 e pubblicata nel 1861. Von Balthasar la considerava "il libro cerniera che raccoglieva l'epoca mistica tutta intera", classico della spiritualità e libro dalla fisionomia unica che accompagna costantemente molte persone spirituali. Queste pagine famose e continuamente riedite non sono opera del gesuita Jean-Pierre de Caussade, ma di una donna.
Gagey sa che, in quell'epoca, non aveva importanza l'attribuzione dell'autore. Oggi però far luce è un dovere di verità storica, specie quando tutti pensano che l'autore sia un uomo, e questo rende più difficile scoprire che invece è una donna".
Di ritorno dalla GMG brasiliana anche Papa Francesco (28 luglio 2013) nel colloquio con i giornalisti, ha voluto rilanciare il ruolo della donna nella Chiesa chiedendo esplicitamente una riflessione teologica e il riconoscimento concreto di ruoli nella vita della comunità ecclesiale da parte delle donne, usando anche l'immagine forte del Cenacolo: "Una Chiesa senza le donne è come il collegio apostolico senza Maria!" Certo non mancano riflessioni teologiche sulla donna e sul suo ruolo nella Chiesa ma, è necessario riconoscere, persiste una ambiguità nel trattare la tematica, che spesso argomenta per contrapposizione o con una complementarietà, rispetto all'uomo, non molto lucida. Il giorno precedente, in un contesto più autorevole quale è stata la Celebrazione Eucaristica nella Cattedrale di Rio de Janeiro presieduta dal Papa davanti ai Vescovi brasiliani, sabato 27 luglio u.s., il Santo Padre nel trattare il tema della missione e conversione pastorale ha affermato: "... le donne, che hanno un ruolo fondamentale nel trasmettere la fede. Non riduciamo l'impegno delle donne nella Chiesa, bensì promuoviamo il loro ruolo attivo nella comunità ecclesiale. Perdendo le donne la Chiesa rischia la sterilità".

Vediamo cosa ci riserverà il futuro in proposito, se avremo il coraggio di assecondare i suggerimenti dello Spirito Santo!
Nell'attuale situazione in me permane una personalissima convinzione: la collaborazione tra uomo e donna nella Chiesa e nel mondo si avrà nel pomeriggio del Giorno del Giudizio, dove, per dono di Dio, si sarà raggiunto lo shalom universale, dove si avvererà la profezia di Isaia "Il lupo dimorerà insieme con l'agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. La mucca e l'orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso..." (cfr Is 11,6-8).
Non è solo ironia: penso veramente siano da tenere in debita considerazione le conseguenze che il peccato originale porta con sé e che toccano tutti. E' un fatto che ogni discendente di Adamo che è sulla terra, da allora, "soppesi" quanto ogni Eva gli va dicendo (a volte anche con l'intento di circuire e portare l'Adamo di turno dove desidera lei) e, pur essendo attratta da lui, la donna gli sarà sottomessa, perché Adamo, ha da parte sua la volontà di prevaricare e possedere.
Solo "il Nuovo Adamo", Cristo Signore ovvero il Germoglio scaturito dal tronco di Iesse, porterà a compimento il Regno di Dio, come sappiamo a prezzo del suo sangue, instaurando nuovi cieli e nuova terra, lo shalom universale ...
Nel frattempo, da qui al pomeriggio del Giorno del Giudizio, rimane per tutti e ciascuno la fatica ascetica della conversione e della comunione (e non solo collaborazione)!

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n. 47: Formazione per evangelizzatori

PROPOSIZIONE 47: FORMAZIONE PER GLI EVANGELIZZATORI


Questo Sinodo ritiene che sia necessario istituire dei centri di formazione per la nuova evangelizzazione, dove i laici imparino a parlare della persona di Cristo in maniera persuasiva, adatta al nostro tempo e a gruppi specifici di persone (giovani, agnostici, anziani, ecc.).
Il cristocentrismo trinitario (cfr Direttorio Generale per la Catechesi, 98-100) è il criterio più essenziale e fondamentale per la presentazione del messaggio del Vangelo nei tre momenti dell'evangelizzazione, sia per la proclamazione iniziale, la catechesi o la formazione continuata (cfr DGC, 60-72). Tutto l'insegnamento e le risorse devono essere valutate in questa luce.

Durante il Sinodo è emersa la necessità di istituire centri di formazione per la nuova evangelizzazione, dove i laici imparino a parlare della persona di Cristo in maniera persuasiva, adatta al nostro tempo e alle persone di oggi.
Il medesimo auspicio per una formazione adeguata per i laici lo sollecitava anche il Beato Giovanni Paolo II nella Catechesi Tradendae al n. 71: "... A tutti coloro che lavorano generosamente al servizio del Vangelo ed ai quali ho qui espresso il mio vivo incoraggiamento, io vorrei rammentare una consegna che era cara al mio venerato Predecessore Paolo VI: "In quanto evangelizzatori, noi dobbiamo offrire (...) l'immagine (...) di persone mature nella fede, capaci di ritrovarsi insieme al di sopra delle tensioni concrete, grazie alla ricerca comune, sincera e disinteressata della verità. Sì, la sorte dell'evangelizzazione è certamente legata alla testimonianza di unità data dalla Chiesa. E' questo un motivo di responsabilità, ma anche di conforto (EN n. 77)".
Ritengo che questo invito vada esteso e sollecitato con maggiore incisività e concretezza oltre che ai laici, alle persone di vita consacrata, ai presbiteri, diaconi e ai vescovi, in quanto tutti sono evangelizzatori secondo la vocazione ricevuta.
Tuttavia (non penso sia una mia personale impressione) si deve constatare, con qualche disagio, come almeno nell'ultimo decennio, sul tema della formazione vi sia una specie di scollamento tra le varie "categorie" di persone che compongono la comunità cristiana, non solo riguardo alla "quantità" (rispetto a chi si pone il problema di "quale corso faccio?) ma soprattutto alla qualità della formazione stessa.
Il "grado" qualitativo dovrebbe essere valutato osservando come la proposta formativa nel campo nella Evangelizzazione segua il soffio dello Spirito Santo che indica il "passo" alla Chiesa formulando gli Orientamenti Pastorali necessari.
A seguito del Grande Giubileo del 2000, almeno per quanto riguarda la Conferenza Episcopale Italiana, si è avuta una accelerazione importante nel sollecitare a passare da una pastorale della conservazione a una pastorale missionaria in senso proprio. Basta leggere e fare propri i programmi pastorali decennali Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia (2000-2010) e gli attuali Educare alla vita buona del Vangelo (2010-2020).
Faccio degli esempi concreti nell'intento di spiegare il mio pensiero.
Non è difficile sentirsi obiettare durante un corso qualificato di formazione per catechisti, trattando temi di nuova evangelizzazione come l'iniziazione cristiana, il catecumenato, il primo annuncio rivolto a ragazzi e genitori, da sempre più persone e in diversi luoghi della nostra vasta Diocesi ambrosiana "Ma queste cose le avete dette ai preti?".
A volte viene da chiedersi come i presbiteri e diaconi siano stati "attrezzati" per lavorare nei cantieri pastorali che varie Diocesi italiane avevano aperto in anni recenti, legati a temi importanti della vita ecclesiale quali, la formazione dei preti giovani, la riforma liturgica, le unità pastorali, l'iniziazione cristiana e la pastorale giovanile.

In sintesi due sottolineature da considerare sul tema della formazione degli Evangelizzatori:
1. La formazione deve soprattutto operare una maturazione della persona: curare i contenuti della fede e lavorare perché la persona in formazione viva una tras-formazione, facendo maturare tutti i doni e carismi personali, che probabilmente un percorso formativo unicamente intellettuale non riuscirebbe a far emergere facendoli rimanere sopiti o nascosti, per il proprio bene e per il bene della Chiesa cui generosamente svolge il suo ministero.
2. Penso si sia compreso l'errore che rilevo ormai da parecchio tempo: quello di vedere uno "scollamento" qualitativo di formazione tra le varie "categorie" operanti nella chiesa, il non avere il medesimo passo e orizzonte, pur da punti di vista vocazionali differenti, ... e questo è dannoso per tutti! Mi auguro e spero che i responsabili della formazione dei diversi settori pastorali siano più attenti e qualitativamente più solleciti verso i percorsi cui spinge la Nuova Evangelizzazione.

Maria Grazia Rasia

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n. 48: La famiglia cristiana

PROPOSIZIONE 48: LA FAMIGLIA CRISTIANA

Istituita dal sacramento del matrimonio, la famiglia cristiana come Chiesa domestica è il luogo e primo agente nel dono della vita e dell'amore, la trasmissione della fede e la formazione della persona umana secondo i valori del Vangelo. Imitando Cristo, tutta la Chiesa deve dedicare se stessa al sostegno delle famiglie nella catechesi dei bambini e dei giovani. In molti casi i nonni avranno un ruolo molto importante.
Allo stesso tempo, la Nuova Evangelizzazione deve fare sforzi per affrontare i problemi significativi riguardo al matrimonio, nel caso dei divorziati e risposati, nella situazione dei loro figli, nella sorte dei coniugi abbandonati, nelle coppie che convivono senza il matrimonio e nella tendenza della società a ridefinire il matrimonio. La Chiesa, con cura materna e spirito evangelico, deve cercare delle risposte adeguate per queste situazioni, essendo un aspetto importante della nuova evangelizzazione.
Ogni piano pastorale di evangelizzazione deve comprendere anche un invito rispettoso a tutti coloro che vivono da soli, per sperimentare Dio nella famiglia della Chiesa.
E' necessario educare le persone su come vivere la sessualità umana secondo l'antropologia cristiana, sia prima del matrimonio che durante il matrimonio stesso.
Il Sinodo guarda con favore quelle famiglie che lascino le loro case per essere evangelizzatori per Cristo in altri Paesi e culture.

La famiglia è l'ambito privilegiato dove ogni persona impara a dare e ricevere amore. Per questo motivo la Chiesa manifesta costantemente la sua sollecitudine pastorale in questo ambito fondamentale della persona umana. La famiglia è un'istituzione intermedia tra l'individuo e la società, e niente può supplirla totalmente. Essa stessa si fonda soprattutto su una profonda relazione interpersonale tra marito e moglie, sostenuta dall'affetto e dalla mutua comprensione. Perciò riceve l'abbondante aiuto di Dio nel sacramento del Matrimonio che comporta una vera vocazione alla santità.
Il padre e la madre si sono promessi davanti a Dio un "sì" totale, che costituisce la base del sacramento che li unisce; allo stesso modo, affinchè la relazione interna della famiglia sia completa, è necessario che dicano anche un "sì" di accettazione ai loro figli generati o adottati e che hanno una propria personalità e carattere.
Un nucleo familiare può trovare ostacoli difficili da superare se si sente isolato dal resto dei suoi familiari e amici. Perciò, la comunità ecclesiale ha la responsabilità di offrire sostegno, stimolo e alimento spirituale che fortifichi la coesione familiare, soprattutto nelle prove o nei momenti critici. In questo senso, è molto importante il ruolo delle parrocchie, così come della associazioni e movimenti ecclesiali, chiamati a collaborare come strutture di appoggio e mano tesa della Chiesa per la crescita della famiglia nella fede.
Insieme alla trasmissione della fede e dell'amore del Signore, uno dei compiti più grandi della famiglia è quello di formare persone libere e responsabili. Perciò i genitori devono continuare a restituire ai loro figli la libertà, della qualche per qualche tempo sono garanti. Quando la famiglia non si chiude in se stessa, i figli continuano a imparare che ogni persona è degna di essere amata, e che c'è una fraternità fondamentale universale fra tutti gli esseri umani.
La particolare importanza del trasmettere la fede in famiglia comporta una grande responsabilità. Lo esprime molto bene il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 171: "Come una madre che insegna ai suoi figli a parlare, e quindi a comprendere e a comunicare, la Chiesa nostra Madre, ci insegna il linguaggio della fede per introdurci nell'intelligenza della fede e nella vita di fede". Come simboleggiato nella liturgia del battesimo, con la consegna del cero acceso, i genitori sono associati al mistero della nuova vita come figli di Dio, vita che si riceve per mezzo dell'acqua battesimale.
Trasmettere la fede ai figli, con l'aiuto di altre persone o istituzioni come la parrocchia, la scuola o le associazioni cattoliche, è una responsabilità che i genitori non possono dimenticare, trascurare o delegare totalmente. "La famiglia cristiana è chiamata Chiesa domestica, perché manifesta e attua la natura comunionale e familiare della Chiesa come famiglia di Dio. Ciascun membro, secondo il proprio ruolo, esercita il sacerdozio battesimale, contribuendo a fare della famiglia una comunità di grazia e di preghiera, una scuola delle virtù umane e cristiane, il luogo del primo annuncio della fede ai figli" (CCC, Compendio, n. 350).
La fede non è una eredità culturale, ma un'azione della grazia di Dio che chiama, come anche la libertà umana che può aderire oppure non aderire a quella chiamata. I genitori sono chiamati a una testimonianza credibile della loro fede: essi trasmettono la fede quando insegnano ai loro figli a pregare e pregano insieme (FC n. 60); quando li avvicinano ai Sacramenti e li introducono nella vita della Chiesa; quando leggono la Bibbia, e trovano luce per la vita familiare e sociale rivolgendosi a Dio come Padre.

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n. 49: La dimensione pastorale del ministero ordinato

PROPOSIZIONE 49: DIMENSIONE PASTORALE DEL MINISTERO ORDINATO

I padri sinodali incoraggiano i vescovi e i sacerdoti a conoscere la vita delle persone che servono in un modo più personale. Le persone cercano dei testimoni autentici e credibili nei loro vescovi e sacerdoti che vivono e modellano la fede e la Nuova Evangelizzazione. Il vescovo è un evangelizzatore che guida con l’esempio e condivide con tutti i battezzati la benedizione di essere chiamato ad evangelizzare. Formazione permanente per il clero sulla nuova evangelizzazione e metodi di evangelizzazione nella diocesi e parrocchia sono necessari al fine di apprendere mezzi efficaci per mobilitare i laici ad impegnarsi nella nuova evangelizzazione. Noi invitiamo i vescovi, in primo luogo i responsabili per tutta l’opera pastorale della Chiesa, a sviluppare un piano che animi ed accompagni in modo diretto e personale il lavoro pastorale del presbiterato, il nucleo della leadership della Nuova Evangelizzazione. Confrontati con gli scandali riguardanti la vita e il ministero sacerdotale, che deploriamo profondamente, proponiamo tuttavia che, grazie ed incoraggiamenti siano dati al fedele servizio di tanti sacerdoti e che orientamenti pastorali vengano dati alle Chiese particolari su un piano pastorale presbiterale che è sistematico ed organizzato e che sostiene il rinnovamento autentico della vita e del ministero dei sacerdoti, che sono i primi agenti della nuova evangelizzazione (cfr Pastores dabo vobis, 2). Affinchè i sacerdoti siano adeguatamente preparati per il lavoro della Nuova Evangelizzazione, il Sinodo auspica che nella loro formazione si abbia cura di formarli in una spiritualità profonda, in una solida dottrina, nella capacità di comunicare nella catechesi e in una presa di coscienza dei moderni fenomeni culturali. I seminari devono avere la nuova evangelizzazione come obiettivo, in modo che diventi il filo conduttore ed unificante nei programmi di formazione umana, spirituale, intellettuale e pastorale nell’ars celebrandi, nell’omiletica e nella celebrazione del sacramento della Riconciliazione, che sono tutti elementi molto importanti della Nuova Evangelizzazione. Il Sinodo riconosce ed incoraggia il lavoro dei diaconi il cui ministero rende un grande servizio alla Chiesa. Programmi di formazione continuata all’interno della diocesi devono essere anche disponibili per i diaconi.

Nel Percorso Pastorale diocesano Mi sarete testimoni (2003-2006), alle pagg. 202-206, il cardinale Tettamanzi ricordava, citando il documento Presbyterorum ordinis (n.2) del Concilio Vaticano II sui presbiteri, ribadisce «il posto specifico e insostituibile nell’evangelizzazione e trasmissione della fede che spetta ai Vescovi, ai presbiteri e ai diaconi, a quanti cioè ricevono il sacramento dell’Ordine[…] I presbiteri ricevono dal sacramento dell’Ordine il sacro potere di “agire nella persona di Cristo Capo”, in particolare offrendo il Sacrificio della Messa e perdonando i peccati [...]. In particolare, i presbiteri, sono la ripresentazione sacramentale, nella Chiesa e davanti alla Chiesa, di Gesù Cristo Capo e Pastore […]. Poiché il sacerdozio ministeriale è al servizio del sacerdozio comune di tutti i fedeli, i presbiteri ricevono, infine, il compito di edificare la comunità cristiana come comunità della Parola, del Sacramento e della carità. Il modo loro specifico di edificarla è quello che si esprime nel “ministero della presidenza”, inteso come servizio per la comunione tra tutti i fedeli (Sinodo 47°, cost.132, 3c). Rientra nel ministero della presidenza il compito di discernere ed educare, valorizzare, promuovere e coordinare l’esercizio concreto, da parte di tutti i fedeli, dei loro ministeri, uffici e funzioni in ordine a una crescita corale della comunità cristiana in senso decisamente missionario».

Papa Francesco, in questi primi mesi di pontificato, ha assiduamente parlato di come intenda il ruolo dei presbiteri, che per lui non possono essere altro che pastori umili a servizio del loro gregge. Ancora di più, il presbitero deve avere addosso l’odore delle anime che pascola, come invitava alla Messa Crismale del 28 marzo scorso, dicendo: “Questo vi chiedo: siate pastori con l’odore delle pecore”. E ancora, sempre in quella occasione, “Il buon sacerdote si riconosce da come viene unto il suo popolo; questa è una prova chiara”. Il prete-gestore è una delle derive del ministero sacerdotale che forse più inquieta Papa Francesco: “Siate pastori, non funzionari. Siate mediatori, non intermediari … Abbiate sempre davanti agli occhi l’esempio del Buon Pastore, che non è venuto per essere servito, ma per servire, e per cercare di salvare ciò che era perduto” (Ordinazioni presbiterali, 21 aprile 2013). Al Convegno della Diocesi di Roma (17 Giugno 2013) Papa Francesco ha affermato: “Questa è una responsabilità grande, e dobbiamo chiedere al Signore la grazia della generosità e il coraggio e la pazienza per uscire, per uscire ad annunziare il Vangelo. Ah, questo è difficile. E’ più facile restare a casa, con quell’unica pecorella! E’ più facile con quella pecorella, pettinarla, accarezzarla … ma noi preti, anche voi cristiani, tutti: il Signore ci vuole pastori, non pettinatori di pecore; pastori!”. E per questo occorre quella preghiera forte e coraggiosa, cui il Papa ci invita, per chiedere a Dio preti generosi e santi, dediti al popolo di Dio in comunione con il proprio Vescovo. Maria Grazia Rasia

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n. 50: Vita consacrata

PROPOSIZIONE 50: VITA CONSACRATA
La vita consacrata, di uomini e donne, ha dato un contributo molto importante al lavoro di evangelizzazione della Chiesa nel corso della storia.
In questo momento di nuova evangelizzazione, il Sinodo chiede a tutti i religiosi, uomini e donne, e ai membri degli istituti secolari di vivere radicalmente e con gioia la loro identità di persone consacrate. La testimonianza di una vita che manifesta il primato di Dio e che, per mezzo della vita comune, esprime la forza umanizzante del Vangelo, è una potente proclamazione del Regno di Dio. La vita consacrata, pienamente evangelica ed evangelizzatrice, in profonda comunione coni pastori della Chiesa e in corresponsabilità con i laici, fedeli ai rispettivi carismi, offrirà un contributo significativo alla Nuova Evangelizzazione. Il Sinodo chiede agli Ordini religiosi e alle Congregazioni di essere totalmente disponibili per andare alle frontiere geografiche, sociali e culturali dell’evangelizzazione. Il Sinodo invita i religiosi a recarsi ai nuovi aeropaghi della missione.
Poiché la nuova evangelizzazione è essenzialmente una questione spirituale, il Sinodo sottolinea anche la grande importanza della vita contemplativa nella trasmissione della fede. L’antica tradizione della vita consacrata contemplativa nelle sue precedenti forme di vita comunitaria stabile di preghiera e di lavoro continua ad essere una potente fonte di grazia nella vita e nella missione della Chiesa. Il Sinodo auspica che la nuova evangelizzazione porterà molti altri fedeli ad abbracciare questa forma di vita.

Viene riconosciuta l’importanza della vita consacrata nelle varie forme di annuncio evangelico e di servizio in particolare nel campo della educazione, della sanità, della cura pastorale soprattutto verso i poveri bisognosi di aiuto spirituale e materiale.
E’ importante, al fine di una attenzione al territorio, percorrere vie di stretta collaborazione e intesa con le Chiese locali.
La Chiesa ha sempre percepito che l’educazione è un elemento essenziale della sua missione. All’interno della Chiesa un compito specifico spetta in questo campo alle persone consacrate, le quali sono chiamate a immettere nell’orizzonte educativo la testimonianza radicali dei beni del Regno, proposti ad ogni uomo nell’attesa dell’incontro definitivo con il Signore della storia. Per la loro speciale consacrazione, per la peculiare esperienza dei doni dello Spirito, per l’assiduo ascolto della Parola e l’esercizio del discernimento, per il ricco patrimonio di tradizioni educative accumulato nel tempo dal proprio Istituto, per l’approfondita conoscenza della verità spirituale (cfr Ef 1,17), le persone consacrate sono in grado di sviluppare un’azione educativa particolarmente efficace, offrendo uno specifico contributo alle iniziative degli altri educatori ed educatrici. Munite di questo carisma possiamo quasi “toccare con mano”, quanto i consacrati riescano a dar vita a luoghi educativi permeati di spirito evangelico di libertà e di carità. Questa concreta esperienza di comunione diviene luogo di grazia, dove il progetto pedagogico, contribuisce ad unire in sintesi armonica il divino e l’umano, il Vangelo e la cultura, la fede e la vita. La storia della Chiesa è ricca di ammirevoli esempi di persone consacrate che hanno vissuto e vivono la tensione alla santità mediante l’impegno pedagogico, proponendo allo stesso tempo la santità quale meta educativa (VC n. 96).
Vediamo spesso nelle nostre comunità parrocchiali, religiose o religiosi impegnati nel coordinamento dei percorsi di iniziazione cristiana (iniziando dalla fase battesimale) fino alla pastorale giovanile, familiare, nei percorsi per i fidanzati, accanto alla formazione di adulti … e ci si accorge di questo prezioso ministero quando questi vengono a mancare!

Maria Grazia Rasia

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