ANDARE IN PROFONDITÀ/2: “Chi vede me vede il Padre”
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La questione è di universale rilevanza perché tutti si sono interrogati - o prima o poi si interrogano - sulla possibilità di “conoscere Dio”, sulla sua esistenza e la sua “identità”. Quel “mistero” che è la vita, prima o poi, solleva la domanda.
Come faccio a credere se non “vedo”? Ecco: nei limiti della possibilità umana di comprendere e della possibilità di Dio di comunicare all’uomo, Gesù ci è venuto incontro per “rispondere” a questa domanda, per corrispondere al più profondo (anche se spesso inconfessato) anelito del cuore dell’uomo: chi è Dio e come posso conoscerlo e quindi incontrarlo?
Tante cose nella storia si sono dette e fatte “nel nome di Dio”, molte delle quali aberranti, distruttive della vita, di quella vita che Gesù è venuto a portare in pienezza, e lesive della “verità”, una verità fatta di parole e gesti, fatta “persona” e non pura astrazione intellettuale.
Ma Gesù resta lì, “fissato” nel suo Vangelo, nella sua “buona notizia” per l’umanità intera, e “vivente”, straordinariamente vivente in chi fa propria la Sua “verità”, che è vita donata per amore.
Tante e spesso imprevedibili sono le traduzioni possibili dell’amore ma unico è il suo “parametro” e il suo significato: una vita spesa e non trattenuta per sé, non difesa dagli altri, visti come nemici e concorrenti invece che come fratelli, figli dello stesso Padre.
ANDARE IN PROFONDITÀ/3: Cominciare a vedere
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La sapienza della Chiesa ci insegna una bellissima invocazione allo Spirito Santo: accende lumen sensibus, accendi i nostri sensi, risvegliali, rendili, appunto, “sensibili”. Lo Spirito risveglia i sensi perché la nostra incredulità diventi fede.
Un sordo non può sentire, un paralico non può muoversi, un cieco non può vedere, un incredulo non può divenire credente. Ma quando un sordo inizia ad udire dei gemiti, un paralitico fa il primo passo verso l’altro e un cieco vede un uomo anzi un Figlio dell’uomo (Gv 9, 35), l’incredulità viene spazzata via e la fede acquista la stessa evidenza dell’udire, del muoversi e del vedere. Questi segni, che il Signore compie, sono uno stare presso la nostra incredulità: come era avvenuto quella sera, otto giorni dopo la sua resurrezione, quando tornò nel cenacolo per soddisfare l’udito, la vista e il tatto di Tommaso (Gv 20, 26-29).
ANDARE IN PROFONDITÀ/4: quello che le donne vedono: l’unzione di Betania
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Mancano pochi giorni prima di Pasqua, Gesù torna alla casa dei suoi amici per avere sostegno per i giorni a seguire e Maria compie il gesto più grande dell’amore, lei è quella che ha capito meglio: esagera nella quantità e nella qualità del profumo che diventa simbolo della gratuità, libertà e bellezza dell’amore e della fede. Maria è tutta coinvolta, sa rischiare e non si preoccupa di “conservare” e diventa immagine della vera testimonianza della Chiesa che riempie del “profumo di Cristo”.
Marta compie un percorso in ascesa fino a raggiungere e professare la più grande affermazione di fede e, nel brano indicato, Giovanni annota che Marta, ancora una volta, “stava servendo” ma non si lamenta e continua a servire Gesù che è il “Servo” e tutti gli altri commensali. Completa, con Maria, la dedizione contemplativa e amorosa nei confronti di Gesù e dei fratelli, con il cuore della carità.
ANDARE IN PROFONDITA'/5: Quello che le donne vedono: tra croce e sepolcro
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La croce è certamente un banco di prova per ogni discepolo. È lì che si vedono i veri discepoli, quelli che – anziché fuggire – vengono alla luce e tra i discepoli che si rivelano tali solo in questo momento, oltre a Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo, c’è un gruppo di donne.
Non sono le donne di Gerusalemme, che hanno accompagnato la salita di Gesù al Calvario, piangendone la sventura: dopo la morte di Gesù, esse, che sono ripiegate nel lamento, non vengono più nominate. Al loro posto emergono altre donne, cui il Vangelo attribuisce le azioni tipiche dei discepoli. Nel Vangelo di Luca la loro presenza con i Dodici era stata ricordata fin dal capitolo 8, ma solo ora si dice che queste donne «avevano seguito» Gesù fin dalla Galilea, come i discepoli. «Seguire», infatti, è il verbo tipico del discepolo.
DAL CAMMINO ALLA CORSA / 1 LE DONNE DELLA RISURREZIONE
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Sono le donne discepole che sono state testimoni della morte di Gesù e della sua sepoltura.
Il Vangelo di Marco ce le presenta molto preoccupate e impaurite.
Nel brano di Matteo, invece, nonostante il terremoto, che annienta le guardie, le donne sanno fermarsi ad ascoltare l’annuncio e la richiesta dell’angelo del Signore.
Egli le rassicura, annuncia loro la Risurrezione e le aiuta a ricordare le Parole di Gesù.
Quindi le invita a muoversi, “presto”, per poter portare l’annuncio ai discepoli.
Le donne partono in fretta e corrono per tornare al Cenacolo, dove sanno di trovarli.
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