2 - LA (STRA)ORDINARIA ATTESA di un figlio
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Verso la fine dello scorso anno scolastico, in una di queste brevi pause, si tocca il tema del matrimonio e dei figli. Ciascuna porta la sua esperienza. Io ascolto e mi limito a raccontare qualche “sentito dire”. Sara è silenziosa. Non ha figli. “Si è sposata da poco” – penso io. Ma ad un certo punto non riesce a trattenere un’emozione grandissima, fatta di lacrime e di nessuna parola. Sara si scusa e anche noi, che pensiamo di averle fatto del male lasciandoci trascinare da quell’argomento vitale. Ma forse quello è il luogo e il momento adatto per condividere la vita. Intuisco che sta vivendo un’attesa faticosa, dove forse non vede speranza. Subito mi viene in mente Anna della Bibbia…
1 - LA (STRA)ORDINARIA ATTESA di identità
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Selma stessa ci racconta il suo sogno:
Sono nata in Marocco e sono venuta in Italia all’età di circa due anni. Il mio percorso di rapporto fra la mia cultura di origine e quella italiana è stato sofferto. Mi sono trovata spesso, soprattutto durante la mia infanzia a chiedermi quale fosse la mia identità: quella che vivevo in casa o quella con gli altri ragazzi? Vivo un conflitto fra culture con tante sfumature, contraddizioni, aspetti belli e terribili. Mi sono domandata se fosse possibile tenere insieme le caratteristiche di questi due mondi chiamati a convivere in me.
La Dichiarazione Universale dei diritti umani con il concetto di “cittadinanza primaria” spinge a un superamento dei confini. Ancora oggi però tale percorso è contrastato dal rafforzamento di visioni ristrette. Selma, qual è la tua attesa?
Credere in Gesù nel tempo della sua assenza
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Aiutate dalla meditazione proposta dal nostro Assistente, don Antonio Torresin, ci soffermiamo in particolare su Giovanni 14,1-31: come si può continuare a credere in Gesù nel tempo della sua assenza? Domanda di fondo che ci avvicina all'interrogativo di tanti: come si può credere in un Dio non evidente?
NON POSSIAMO TACERE: Giornata missionaria mondiale
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Non possiamo tacere, quando riconosciamo l’amore di Dio per noi e per la Chiesa, quando contempliamo nell’Incarnazione fino a che punto questo amore diventi condivisione delle ferite e dei dolori, dei desideri e delle angosce.
Non possiamo tacere, perché “mettersi in stato di missione è un riflesso della gratitudine”.
Non possiamo tacere, quando intorno a noi vediamo scoraggiamento, disincanto, fatica, perché sappiamo che si può vivere la prova stringendoci a Cristo.
Proposta di riflessione: ACCANTO ALLE FAMIGLIE
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