NEL SABATO SANTO DELLA STORIA/1
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Cerco di ascoltare ciò che ho dentro, faccio fatica perché in questo silenzio che ci sta attorno, dentro ho solo delle grida: quelle del pianto di molti che si sentono provati più delle loro forze, più di quanto possano portare. Piangono per il dolore, per questa misteriosa e grave ingiustizia che ha creato vuoti dolorosi nella loro vita, assenze che non si potranno più ricucire, affetti che mancheranno per sempre. Grido con loro, piango, gemo, non comprendo, la stanchezza enorme copre ogni altra emozione, pensiero, sentimento, forse è meglio così. Mi permetto questa rabbia che il dolore innocente mi provoca. Grido contro Dio e non mi sento nel peccato. Grido per coloro che non possono neanche farlo. Si avvicina la Pasqua, ma cosa vuol dire per noi oggi che siamo in una valle di lacrime? Fatico a trovare un senso accettabile. Sono una donna credente o lo ero? Non lo so più. Io e tutta questa umanità che mi sta attorno siamo nel tempo vuoto del sabato santo. Dio è muto da tempo, Gesù morto e sepolto. E di noi chi si prende cura? Me lo dici tu dove andiamo a trovare la speranza? E cosa vuol dire fare Pasqua? E dove possiamo trovare la forza per fare Pasqua? (un medico)
È forte questa testimonianza e ci scuote profondamente, perché esprime, senza bisogno di aggiungere altre considerazioni, i sentimenti e il grido di tanti, anche dei credenti, in questi giorni.
Ma insieme suggerisce già una via di accesso al mistero di fronte al quale ci troviamo, quando definisce questa esperienza come lungo sabato santo. Questa interpretazione ci ha richiamato la bellissima lettera pastorale del cardinal Martini per l'anno 2000-2001, La Madonna del sabato santo, nella quale egli invita a leggere il tempo in cui ci troviamo smarriti di fronte ai segni della 'sconfitta di Dio' proprio come un 'Sabato santo della storia'. E ci spinge a domandarci: Come lo viviamo? Che cosa ci rende smarriti nel contesto odierno della nostra situazione?
Scrive Martini: "È in questo sabato - che sta tra il dolore della Croce e la gioia della Pasqua - che i discepoli sperimentano il silenzio di Dio, la pesantezza della sua apparente sconfitta, la disperazione dovuta all'assenza del maestro, apparso agli uomini come il prigioniero della morte. E' in questo sabato santo che Maria veglia nell'attesa, custodendo la certezza nella promessa di Dio e la speranza nella potenza che risuscita i morti."
Allora chiediamo a Maria, attraverso la guida del cardinal Martini, di accompagnarci nei prossimi giorni perché giorno dopo giorno possiamo intuire come fare Pasqua in questo tempo.
QUARESIMA: La situazione è occasione/6 - La fine
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Se la proiezione ha appagato le mie aspettative, esprimo in tanti modi il buono di un insegnamento ricevuto, il bello della trama che si è districata, la verità dell’obiettivo raggiunto.
Se invece la pellicola non mi è piaciuta, me ne esco di solito con uno stiracchiato: “Finalmente è finita!”…ma, in tutti i casi, LA FINE, nel suo pieno significato, è IL FINE dell’oggetto o della situazione in esame. In altre parole, non solo nei ragionamenti di chi è filosofo (e… chi non lo è!?) ma anche nei minimi termini della concretezza, la fine è compimento!
Le strade interrotte, i compiti non portati a termine, le cose lasciate a metà non aggradano nessuno, forse semplicemente perché siamo fatti bene e sentiamo il richiamo fortissimo delle nostre origini che attingono e straripano dalla Sorgente inesausta e inesauribile della Vita che è il Creatore.
È evidente che siamo liberi di mettere una pietra sopra tutto quanto ci parla della mortalità umana, della morte dei sogni, degli affetti, della cultura e anche del logoramento e della morte delle cose materialmente intese. Siamo liberi di deviare il percorso e di non guardare in faccia la morte o di far finta che la morte non abbia a che fare con noi… Siamo liberi di mettere la testa sotto la sabbia, come lo struzzo, ma… che tristezza!
Grazie Gesù, nostro Maestro… Grazie, Gesù Cristo, nostro Salvatore…Grazie perché in quella pietra fredda, rotolata all’entrata del tuo sepolcro scavato nella roccia, anche oggi noi inciampiamo (Mc 15, 46-47). Inciampiamo e gridiamo allo scandalo e gridiamo che vita e morte non hanno senso.
QUARESIMA: La situazione è occasione/5 – Gli incontri
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Contemplare nella preghiera Gesù che porta la croce e coloro che incontra sul suo cammino mi richiama ad uno sguardo più vero e profondo verso i miei compagni di strada.
«Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù.
Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui.» (Lc 23, 26 - 27)
C'è chi, come Simone di Cirene, si trova a portare la croce: stava andando per la sua strada, ma un incontro inaspettato lo ferma e gli dà un "incarico", anzi un "carico".
Oltre ad essere un carico pesante, la croce è anche un ostacolo, qualcosa da evitare: me la trovo sulle spalle e vorrei che fosse qualcun'altro a portarla e così, rischio di vedere nel dolore degli altri un fastidio da allontanare, senza avere il coraggio di prendere la mia e la loro croce.
QUARESIMA: La situazione è occasione/4. Le invidie e le critiche
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Mi colpisce il contesto assembleare nel quale avviene la scena: Gesù viene condotto nel Sinedrio, luogo, per eccellenza, deputato alla causa della verità e del parlare giusto. Non mi sorprende che l’accusa cerchi prove per sostenere il suo punto di vista, sono, viceversa, i “molti” ad attirare la mia attenzione. Desiderano portare tutti nell’errore, alterando la realtà e raccontando fatti che non esistono, grazie al ricamo ad arte di parole cariche di opposizione. Non a caso il Vangelo ci ricorda che le testimonianze “non erano uguali”, potremmo anche dire che le testimonianze non erano piane, concordanti verso quella verità che intendevano sostenere. Tutti però conosciamo la decisione del Sinedrio: La Parola-Gesù “Io Sono” è stata valutata rea di morte. Il cuore di Dio è stato pubblicamente crocifisso dal parlare sordo e cieco dei molti e dall’incredulità dei saggi al di sopra di ogni sospetto.
QUARESIMA: La situazione è occasione/3 - "Ecce homo!", un Dio destabilizzato e destabilizzante
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Il racconto di Gesù al Getzemani mi ha sempre fortemente impressionato, fin dagli inizi della mia “nascita” alla fede (l’esperienza ha rappresentato davvero per me una “ri-nascita”), che ha poi coinciso con l’inizio della mia ricerca vocazionale.
Cosa mi colpiva allora? Mi accorgo che ancora oggi, questa narrazione - che insieme mi affascinava e un po’ mi spaventava - “parla” alla mia vita, nel quotidiano dipanarsi della missione affidatami come “donna della Risurrezione”.
La scoperta di Gesù come l’unico “senso” per me plausibile e, in un certo modo “esauriente”, della vita - della mia vita personale e della vita dell’umanità intera - si è da subito accompagnata al mio incontro con Lui come l’ “Ecce Homo!”.
Non avrei mai accolto un Dio disincarnato, lontano, (solo) Trascendente: non mi interessava e non mi interessa. E credo non interessi neppure agli uomini e alle donne che incontro, alle donne e agli uomini di oggi.
Il racconto di Gesù al Getzemani (soprattutto nella versione di Marco) mette in luce in modo davvero “unico” la sua vera, palpabile umanità; ne segnala tutta l’umana fatica a “consegnarsi” ad un Dio che gli è Padre, e lo è a titolo altrettanto “unico”.
Fatica a “consegnarsi” là dove l’amore disinteressato e “fino alla fine” non ha davvero altre aspettative, altri “risultati” apparentemente sperabili, al di fuori di sé stesso, del dono incondizionato di sè.
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