QUARANTESIMO: Una conclusione che spiazza… e riporta al centro
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Poi tutto è stato scombussolato, travolto dalla paura, dal dolore, dalla morte, dal disorientamento e dall’isolamento – unico aiuto possibile ora ai più per aiutare coloro che ci stanno permettendo di fronteggiare il virus –. E la Pasqua cade in giorni in cui non è ancora tutto risolto, pur se qualche timido segno di speranza si affaccia.
Questa circostanza dolorosa, mentre non toglie senso al nostro rendere grazie di quest’anno, ci porta a riflettere ancora una volta e con una radicalità assoluta sul cuore della nostra vocazione, che è proprio la Pasqua e il suo annuncio. “Donne della resurrezione”, infatti, ci ha definite il cardinal Montini nella lettera del 1961 che dà il via all’intuizione della nostra esperienza. Perché la Pasqua, il trionfo della vita, la fonte della gioia e della Speranza, non è una festa di entusiasmo superficiale, comoda e illusoria evasione dalla durezza della realtà, e dunque nota stonata in questo tempo difficile. La Pasqua avviene attraverso la croce, la morte, il buio del sepolcro: tutto questo viene squarciato, superato, ma non rimosso. Il Risorto si riconosce dalle ferite che porta. Egli non viene a raccontare favole, ma mostra che la morte non ha l’ultima parola e che Dio è un Padre che non abbandona.
Le donne della resurrezione, duemila anni fa, hanno vissuto questa esperienza. Hanno seguito il Maestro, hanno sofferto del tradimento del discepolo e delle torture che Gesù ha subito, hanno sentito l’umiliazione della sua umiliazione e il dolore del suo sentirsi abbandonato da Dio. Ma sotto la sua Croce lo hanno anche sentito perdonare chi lo uccideva e abbandonarsi fiducioso al Padre, da cui sembrava rifiutato. Quanto avranno rimeditato su ogni immagine e su ogni parola nell’attesa di quel silenzioso e desolato sabato? E forse tanti pensieri e domande avranno portato nel cuore andando al sepolcro in quel primo giorno della settimana, mosse dall’affetto per il Maestro e con la preoccupazione per la pietra enorme che non avrebbero saputo spostare. L’esperienza dell’incontro col Risorto avviene dentro tutto questo travaglio e non senza di esso. Per questo possono annunciarlo, perché la Pasqua del Signore è loro “accaduta”, ha toccato e coinvolto la loro vita.
Anche a noi oggi è chiesto questo, ma niente di meno di questo: essere donne che hanno incontrato il Risorto, che hanno sperimentato la Pasqua nella loro vita e che per questo non fuggono, non rimuovono la durezza della vita, ma la accolgono e la vivono con la Speranza che hanno ricevuto e che desiderano annunciare.
Al termine di questo quarantesimo chiedo al Signore che ci renda vere “donne della resurrezione”, che in questo tempo difficile, e sempre, sanno stare accanto e sostenere la speranza dei fratelli, annunciando - spesso con un amore discreto e silenzioso più che con le parole - che Dio è un Padre che ci custodisce nelle sue mani amorevoli e ci dona sempre nuova vita, qualunque cosa accada.
Le “donne della risurrezione” sono persone riconoscibili per il fatto che […] parlano di Gesù risorto; hanno essenzialmente questo da dire. […]
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Santità seminata in mezzo alla gente
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In questi giorni il silenzio penetra nelle nostre case e diventa perfino assordante. Silenzio che diventa anche urlo, urlo silenzioso della "quarantena", dello "stare in casa". Mi sembra di essere inutile. Tanti in prima linea e io ...
Le giornate si susseguono tutte uguali, cerco di mantenere gli orari di tutti i giorni, di trovare modi diversi per continuare a vivere quella realtà che sento mia e che prendo dallo Statuto n. 8 "evangelizzare è la grazia e la vocazione a cui mi dedico, è la nostra identità più profonda". E non mi sento "speciale".
Credo con tutta me stessa l'importanza del "lascia correre" la Parola. Oggi è ciò che ci è rimasto (no alla celebrazione, no agli incontri, no ..., no ...), rimane la potenza della Parola che ha in sé la forza della Creazione: Dio disse e tutto fu.
Credo che questa forza si può tradurre anche in questi giorni. La potenza della Parola creatrice è presente anche su queste strade vuote e silenziosi delle nostre città, paesi, villaggi.
Di conseguenza mi impegno, usando dei mezzi tecnologici a disposizione, a fare in modo di arrivare ai bambini, agli adulti, agli amici con questa Parola creatrice che genera conforto, bellezza, forza ... perfino gioia.
Ma i giorni passano, i restringimenti aumentano (e già io mi ritengo fortunata: casa grande, senza uscire posso usare della Chiesa ogni ora del giorno e della notte, posso pure tenerla curata. Anche degli ambienti grandi interni e sterni dell'oratorio. Tante famiglie invece sono chiuse in ambienti veramente piccoli, soprattutto per dei bambini).
Tutte presenti 24 ore su 24, non siamo abituate. Di solito non abbiamo, per fortuna, tutto questo tempo insieme da condividere. Ma adesso sì.
Un appuntamento atteso da quarant'anni: le Ausiliarie Diocesane in udienza da Papa Francesco
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Sabato 14 dicembre, Papa Francesco ha ricevuto in udienza le Ausiliarie diocesane, accompagnate dall’arcivescovo Mario Delpini. L’occasione del quarantesimo dall’approvazione del nostro statuto ha reso, così, possibile un incontro che era atteso da quarant’anni, da quando, a causa della morte di Paolo VI, era stata sospesa un’udienza da tempo programmata con il primo gruppo di Ausiliarie.
In questi quarant’anni l’Istituto è cresciuto e sono sorte in altre diocesi esperienze simili alla nostra, di donne che offrono la propria vita per il servizio pastorale della Chiesa diocesana. Così sabato con noi c’erano anche i gruppi delle «Diocesane» di Treviso, di Padova e di Vicenza.
Il piacere spirituale di essere popolo - Le relazioni del convegno
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L'apertura dei lavori, l'assemblea, i relatori: tre immagini dal convegno di sabato. Le relazioni si trovano ai seguenti link:
Convegno 19 ottobre - Cerchiamo uomini e donne di Chiesa
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Quando abbiamo iniziato a interrogarci sul contenuto di un convegno in occasione del nostro 40°, ci siamo domandate quale potesse essere il contributo da offrire alla nostra Chiesa, quale racconto avremmo potuto intrecciare con autorevolezza e quali altre storie altrettanto ricche avremmo potuto raccogliere per continuare con slancio a camminare insieme.
La domanda ci ha indirizzato quasi istantaneamente alla spiritualità diocesana, tema abbondantemente praticato fino a qualche decennio fa e di cui è tornato a parlare papa Francesco.
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