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QUARESIMA: La situazione è occasione/6 - La fine

La scritta THE END al termine del film sempre mi trasmette un senso di soddisfazione legato al semplice fatto che qualcosa è giunto a conclusione.

Se la proiezione ha appagato le mie aspettative, esprimo in tanti modi il buono di un insegnamento ricevuto, il bello della trama che si è districata, la verità dell’obiettivo raggiunto.

Se invece la pellicola non mi è piaciuta, me ne esco di solito con uno stiracchiato: “Finalmente è finita!”…ma, in tutti i casi, LA FINE, nel suo pieno significato, è IL FINE dell’oggetto o della situazione in esame. In altre parole, non solo nei ragionamenti di chi è filosofo (e… chi non lo è!?) ma anche nei minimi termini della concretezza,  la fine è compimento!

Le strade interrotte, i compiti non portati a termine, le cose lasciate a metà non aggradano nessuno, forse semplicemente perché siamo fatti bene e sentiamo il richiamo fortissimo delle nostre origini che attingono e straripano dalla Sorgente inesausta e  inesauribile della Vita che è il Creatore.

È evidente che siamo liberi di mettere una pietra sopra tutto quanto ci parla della mortalità umana, della morte dei sogni, degli affetti, della cultura e anche del logoramento e della morte delle cose materialmente intese. Siamo liberi di deviare il percorso e di non guardare in faccia la morte o di far finta che la morte non abbia a che fare con noi… Siamo liberi di mettere la testa sotto la sabbia, come lo struzzo, ma… che tristezza!

Grazie Gesù, nostro Maestro… Grazie, Gesù  Cristo, nostro Salvatore…Grazie perché in quella pietra fredda, rotolata all’entrata del tuo sepolcro scavato nella roccia, anche oggi noi inciampiamo (Mc 15, 46-47). Inciampiamo e gridiamo allo scandalo e gridiamo che vita e morte non hanno senso.

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NEL SABATO SANTO DELLA STORIA/1

Maria RupnikCerco di ascoltare ciò che ho dentro, faccio fatica perché in questo silenzio che ci sta attorno, dentro ho solo delle grida: quelle del pianto di molti che si sentono provati più delle loro forze, più di quanto possano portare. Piangono per il dolore, per questa misteriosa e grave ingiustizia che ha creato vuoti dolorosi nella loro vita, assenze che non si potranno più ricucire, affetti che mancheranno per sempre. Grido con loro, piango, gemo, non comprendo, la stanchezza enorme copre ogni altra emozione, pensiero, sentimento, forse è meglio così. Mi permetto questa rabbia che il dolore innocente mi provoca. Grido contro Dio e non mi sento nel peccato. Grido per coloro che non possono neanche farlo. Si avvicina la Pasqua, ma cosa vuol dire per noi oggi che siamo in una valle di lacrime? Fatico a trovare un senso accettabile. Sono una donna credente o lo ero? Non lo so più. Io e tutta questa umanità che mi sta attorno siamo nel tempo vuoto del sabato santo. Dio è muto da tempo, Gesù morto e sepolto. E di noi chi si prende cura? Me lo dici tu dove andiamo a trovare la speranza? E cosa vuol dire fare Pasqua? E dove possiamo trovare la forza per fare Pasqua? (un medico)

È forte questa testimonianza e ci scuote profondamente, perché esprime, senza bisogno di aggiungere altre considerazioni, i sentimenti e il grido di tanti, anche dei credenti, in questi giorni.

Ma insieme suggerisce già una via di accesso al mistero di fronte al quale ci troviamo, quando definisce questa esperienza come lungo sabato santo. Questa interpretazione ci ha richiamato la bellissima lettera pastorale del cardinal Martini per l'anno 2000-2001, La Madonna del sabato santo, nella quale egli invita a leggere il tempo in cui ci troviamo smarriti di fronte ai segni della 'sconfitta di Dio' proprio come un 'Sabato santo della storia'. E ci spinge a domandarci: Come lo viviamo? Che cosa ci rende smarriti nel contesto odierno della nostra situazione?
Scrive Martini: "È in questo sabato - che sta tra il dolore della Croce e la gioia della Pasqua - che i discepoli sperimentano il silenzio di Dio, la pesantezza della sua apparente sconfitta, la disperazione dovuta all'assenza del maestro, apparso agli uomini come il prigioniero della morte. E' in questo sabato santo che Maria veglia nell'attesa, custodendo la certezza nella promessa di Dio e la speranza nella potenza che risuscita i morti."
Allora chiediamo a Maria, attraverso la guida del cardinal Martini, di accompagnarci nei prossimi giorni perché giorno dopo giorno possiamo intuire come fare Pasqua in questo tempo.

 

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NEL SABATO SANTO DELLA STORIA/2

Maria Rupnik 2Per lasciarci guidare da Maria, il card. Martini ci invita a contemplare come lei ha vissuto il tempo drammatico tra la morte del Figlio e l’annuncio della risurrezione e per questo a raccogliere alcune parole decisive del Vangelo. Come racconta il quarto Vangelo, “nel venerdì santo, dopo la morte di Gesù, il discepolo Giovanni prese Maria con sé, nel suo cuore e nella sua casa.”
Martini immagina di introdursi in questa casa per dialogare con lei e soprattutto contemplare il suo modo di vivere questo momento drammatico. Da questa contemplazione egli ci rimanda soprattutto due atteggiamenti.
Il primo è il silenzio di Maria: “è rimasta in silenzio ai piedi della croce nell'immenso dolore della morte del Figlio e resta nel silenzio dell'attesa senza perdere la fede nel Dio della vita, mentre il corpo del crocifisso giace nel sepolcro.”
Il secondo atteggiamento è la memoria: “In questo tempo che sta tra l'oscurità più fitta - si fece buio su tutta la terra - e l'aurora del giorno di Pasqua - di buon mattino, il primo giorno del sabato …al levar del sole … - Maria rivive le grandi coordinate della sua vita, coordinate che risplendono sin dalla scena della Annunciazione e caratterizzano il suo pellegrinaggio nella fede. Proprio così ella parla al nostro cuore, a noi, pellegrini nel sabato santo della storia.”

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NEL SABATO SANTO DELLA STORIA/3

Maria Rupnik 3Che cosa ci dici dunque la Madre del Signore, che contempliamo nella sua immensa sofferenza? "Che cosa suggerisci ai discepoli smarriti?", si chiede Martini.
E suggerisce che Maria "ci sussurri una parola simile a quella detta un giorno da suo Figlio: se avrete fede pari a un granellino di senapa! (Mt.17,20)". Si tratta dell'invito a partecipare della "consolazione che viene solo dalla fede", che Maria ha vissuto in pienezza portando "a compimento la spiritualità di tutto il popolo di Israele, nutrita di ascolto e di fiducia."
E' quella che il cardinale chiama "la consolazione della mente". Di che cosa si tratta? "È la grazia di una visione sintetica e mistica del piano di Dio. E' una apertura degli occhi e del cuore, che dà un senso profondo di pace... quando comprendiamo per opera dello Spirito che tutto viene portato a compimento nella Passione e Resurrezione del Signore. Allora anche le ombre e le tragedie di questo mondo si rivelano come attraversate dalla luce di amore, di compassione e di perdono che viene dal cuore del Padre".
Si tratta di un dono grande, che Maria ha accolto in pienezza, ma che non è precluso a nessuno di noi. È ciò che consente di "credere anche nelle notti della fede, a proclamare il primato di Dio e ad amarlo anche nei suoi silenzi e nelle apparenti sconfitte".
È un dono dello Spirito, a lui chiediamo l'apertura del cuore per saperlo accogliere e a Maria chiediamo che interceda per noi, ci prenda per mano e ci sostenga.
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NEL SABATO SANTO DELLA STORIA/4

Maria 4C’è una seconda consolazione che ci viene indicata da Maria nel suo sabato santo, la consolazione del cuore.

È la consolazione che nasce dalla speranza, la virtù teologale della speranza. Non si tratta dell’augurio che ciascuno si può fare che le cose vadano bene: “speriamo…”. Si tratta di vivere in profondità “la pazienza e la perseveranza … le virtù di chi attende, di chi ancora non vede eppure continua a sperare”. Esse sono fondate sulle parole di Gesù: con la vostra perseveranza salverete le vostre anime (Lc 21,19)

Maria non può che aver vissuto così quel sabato santo, perché, ci ricorda Martini, per tutta la sua vita ha “imparato ad attendere e a sperare”. Ha infatti “atteso con fiducia la nascita del figlio, perseverato nel credere alla parola dell'angelo anche nei tempi lunghi in cui non capitava niente, ha sperato contro ogni speranza sotto la croce e fino al sepolcro”. Non può dunque che aver “vissuto il sabato santo infondendo fiducia ai discepoli smarriti e delusi”.

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